Il Super Rugby Aotearoa ha debuttato lo scorso weekend ed ha, da subito, attratto l’attenzione del pubblico, non solo neozelandese, ma anche internazionale, come il mercato, pressoché vergine, del nord America. Non per via delle mirabolanti azioni atletiche a cui i giocatori kiwi ci hanno abituato da quindici anni a questa parte, ma, soprattutto, perché la nuova competizione, che vede le squadre di casa scontrarsi in otto derby ciascuna per dieci settimane, è tra le poche ad offrire live sport al mondo, ed è la sola, ad altissimo livello, che ha ripreso dopo l’emergenza mondiale per via del virus Covid-19 con il pubblico pagante.

Lo scorso weekend, tutti i riflettori sono stati puntati sabato su Dunedin e domenica su Auckland, nel complesso più sessantamila tifosi hanno stipato i due stadi che hanno visto il ritorno in campo di Damian MacKenzie ed Aaron Smith e l’atteso debutto di Beauden Barrett con il club Blues di Auckland.

Il dopo partita è stato invece dominato in lungo ed in largo dai commenti di addetti ai lavori, allenatori e tifosi sulla nuova interpretazione che gli arbitri neozelandesi hanno applicato al breakdown durante le due partite.

NZ Rugby ha introdotto due nuove regole, il Golden Point nei dieci minuti extra a fine di un pareggio dopo gli ottanta minuti regolamentari, e la sostituzione di un giocatore dopo venti minuti dalla espulsione per cartellino rosso. La terza parte, invece, riguarda il breakdown e in particolar modo il placcaggio e susseguente ruck.

Secondo le nuove indicazioni federali, gli arbitri applicheranno maggiore focus a gestire la velocità con cui il placcatore libera il giocatore placcato e rotola via dalla ruck, i giocatori in fuorigioco intorno alla ruck, il movimento singolo del portatore di palla al momento del placcaggio e l’abolizione del movimento a commando del portatore di palla quando è a terra dopo un placcaggio ricevuto. Perché’? Il fine ultimo è quello di rendere il breakdown, ossia le situazioni di palla in contatto, più sicure per i giocatori, più eque per entrambi le squadre, e più spettacolari, perché’ più veloci, per i tifosi.

Chi ha deciso questi cambiamenti nella gestione delle esistenti regole? E perché’ questa necessità? Lo abbiamo chiesto a Ben O’Keefe, arbitro internazionale tesserato con la NZ Rugby che è stato assistente sia nella partita di Dunedin che di Auckland, durante la nostra intervista di martedì.

Il breakdown è un po’ il grattacapo per gli amministratori del rugby. Sono anni che World Rugby cerca in un modo o nell’altro di trovare la soluzione per poterlo rendere più accessibile all’occhio umano dello spettatore, ma anche meno pericoloso per i giocatori: “NZ Rugby collabora costantemente con World Rugby anche attraverso SANZAAR,” ci ha detto O’Keefe, “e a diversi livelli di amministrazione dello sport si è collaborato per poter introdurre, ad un certo punto, questa nuova lettura delle regole. C’è stato un meeting a Parigi mesi fa in cui è stato discusso un maggiore equilibrio al breakdown e come questa interpretazione poteva essere introdotta in vari paesi. In Nuova Zelanda, siamo stati fortunati nella nostra battaglia contro il Covid-19 e ci ha permesso di provarle per primi, e il tipo di giocatori e il tipo di rugby che abbiamo si adattano alla sperimentazione”

La notizia che NZ Rugby avrebbe introdotto una nuova interpretazione, molto più dura, delle regole, è stata comunicata alle squadre una settimana dopo il primo assembramento per gli allenamenti, ma non era cosa nuova, dal momento che arbitri, allenatori e giocatori erano stati interpellati proprio da NZ Rugby per discutere, su cosa, le nuove interpretazioni, si sarebbero focalizzate: “Abbiamo discusso cosa vuole il pubblico, cioè che tipo di rugby vuole vedere e a che velocità vuole che venga eseguito. Ci siamo seduti e abbiamo dibattuto su cosa potevamo cambiare per soddisfare il pubblico, soprattutto con l’opportunità’ che si è presentata, seppur breve, delle dieci settimane del torneo.”

“Non abbiamo delle nuove regole, ma abbiamo deciso di rinforzare quelle già esistenti, cosi durante il weekend si è visto che permettiamo palloni veloci nel placcaggio, anche i turnover sono veloci se un giocatore è forte e veloce sul pallone, e permettiamo maggior spazio per giocare.”

Quindi tornando alla nostre domande iniziali, quale necessità c’era di avere nuove interpretazioni?

La prima necessità deriva dal preservare l’indennità dei giocatori. Spesso, si è discusso come azioni al breakdown diventino troppo pericolose, con giocatori di cento e passa chili che arrivano a tutta velocita a pulire una ruck. L’idea di forzare, più velocemente, l’operazione con cui il placcatore lascia libero il portatore di palla e si muove dalla ruck, non consente più al placcatore di rallentare l’uscita del pallone dalla ruck e di permettere alla propria difesa di premere per un turnover, perché’ il pallone viene presentato immediatamente e giocato dalla squadra in attacco.

La seconda necessità deriva dalla gestione del fuorigioco. Mentre in altri sport, il fuorigioco è facile da capire e soprattutto visibile, nel rugby, no, è un dilemma che è stato per anni dibattuto a destra e a manca per via di giocatori, astuti e conoscitori delle regole in tutto e per tutto, che giocavano proprio sulla linea, spesso sfocata, del fuorigioco stesso. Oggi, invece, se non si è chiaramente in gioco, allora si è in fuorigioco.

“Dal mio punto di vista di guardia linea ho notato che ora le squadre si apprestano a posizionarsi aggiungendo poco più di mezzo metro nel breakdown. Abbiamo fischiato circa quattro o cinque falli per offside in entrambe le partite mentre un anno fa ne avremmo fischiati solo uno o due. Quindi c’è una maggiore gestione del fuorigioco, ed era chiaro, andando avanti, che le squadre si stavano adattando, che c’era quindi più spazio tra le due linee dei tre quarti, e quindi più tempo e spazio per giocare il pallone che ha poi portato a delle gran belle mete”, ci ha detto Ben O’Keefe.

Il numero dei falli, o penalty, fischiati da Paul Williams a Dunedin e Mike Fraser ad Auckland sono stati rispettivamente vent’otto e trenta. Una partita di alto livello ha in media venti penalty fischiati e concessi dalle squadre in campo. Abbiamo fatto un po’ di ricerche e la media di penalty concessi dai cinque club neozelandesi durante le prime sette giornate di Super Rugby pre-Covid-19 sono state 9 per gli Highlanders, 9.5 per i Chiefs, 10.3 per i Blues, 10.7 per gli Hurricanes e il premio di squadra più indisciplinata va ai Crusaders con 11.2. E’ chiaro come trovarsi quattordici, quindici o addirittura sedici penalty a sfavore, per esempio per gli Highlanders, fa storcere il naso sulla nuova interpretazione delle regole. La realtà è che gli otto e i dieci penalty in più fischiati durante il week-end sono tutti ricollegabili al fuorigioco e al placcatore, cioè infrazioni che i giocatori rettificheranno già dalla seconda giornata e che verranno quindi tolte dal contatore.

Che siano forse anche penalty dovute alla ruggine dei giocatori che tornavano in campo dopo tanto tempo? Per Ben O’Keefe la risposta è no: “E’ interessante capire che più o meno ogni squadra mira a non più di dieci falli a partita, quindi in media una partita ha circa venti punizioni concesse. Non credo sia dovuto alla ruggine dei giocatori, dal momento che hanno avuto quattro settimane per prepararsi per questa competizione, basta vedere la velocità di esecuzione durante il week-end. Hanno avuto inoltre arbitri della NZR che hanno assistito le cinque squadre a prepararsi per le nuove interpretazioni delle regole.”

“Il discorso è che siamo molto duri nel gestire il breakdown, quindi non solo i fuorigioco o i not rolling away, ma abbiamo premiato, per esempio, molti giocatori sul pallone, e questi sono penalty che probabilmente non avremmo dato senza le nuove interpretazioni. Se le difese giocano solide sul pallone e prendono possesso del pallone, vengono premiate più velocemente che nella stessa situazione in passato. Quindi diciamo che al momento ci sono circa tre o quattro punizioni concesse in più per squadra per fuorigioco, un paio di punizioni in più per il placcatore diventano quelle otto o dieci punizioni in più che abbiamo visto durante il week-end.”

Analizzando la seconda partita, infatti abbiamo notato che dei trenta penalty fischiati, quattro erano per fuorigioco, tre per gli Hurricanes ed uno per i Blues, e ben sette contro il placcatore che non ha liberato il portatore di palla o non si è mosso dalla ruck, quattro per gli Hurricanes e tre per i Blues. Tutte infrazioni che possono essere corrette e gestite, “Credo che già per il secondo week-end le squadre analizzeranno bene dove devono migliorare e cercheranno di diminuire il numero di falli concessi per fuorigioco, per esempio. Potremo quindi, togliere alcune punizioni dal calcolo, poi i giocatori riusciranno a capire meglio le nostre interpretazioni e ritorneremo ad avere quei venti penalty come di norma.”

E’ importante focalizzarsi un secondo su quanto ci è stato appena detto da Ben. Ora, le regole del breakdown sono fatte per consentire alla squadra in attacco di poter pulire e poi giocare, ‘use it’ dice l’arbitro, il pallone. Ed è per questo che si discute molto delle infrazioni commesse in fuorigioco e dal placcatore che danneggiano la difesa e danno il vantaggio alla squadra in attacco. Eppure, soprattutto nella prima partita, si è visto come falli fischiati dall’arbitro Paul Williams davano il possesso del pallone alla squadra che difendeva, cioè gli arbitri avvantaggiavano il turn over, “E’ vero. Ma è anche vero che abbiamo parlato con alcuni giocatori dopo le partita di sabato ed hanno dichiarato di come fossero soddisfatti delle nuove interpretazioni, soprattutto da un punto di vista della difesa. Abbiamo premiato le difese che hanno preso il pallone, alzandolo chiaramente da terra, ed hanno vinto il possesso. Ora fischiamo il turnover con più rapidità, cioè non devono più tenerlo tra le mani per il tempo necessario che gli avversari lanciano tre o quattro giocatori a pulire la ruck. No, il turnover viene fischiato subito e il commento ricevuto è che in questo modo la sfida al pallone diventa più equilibrata. Se hanno vinto il possesso del pallone, vengono premiati immediatamente.”

E’ facile supporre che i Crusaders, che hanno avuto il bye, cioè il riposo durante la prima giornata, abbiano studiato a lungo come giocatori e soprattutto arbitri si sono comportati lo scorso weekend. Se è vero che già gli Hurricanes e i Blues si erano adattati maggiormente alle interpretazioni degli arbitri, sicuro lo faranno anche i Crusaders. Ma adattarsi alle interpretazioni non è il solo cambiamento notato nella partita di domenica. In conferenza stampa post partita, sia Leon MacDonald che Beauden Barrett hanno dato enfasi al gioco al piede, “Si è potuto notare la differenza in tattica tra le due partite. Le due squadre di sabato, Highlanders and Chiefs sono stati bravi a debuttare in una nuova competizione, senza sapere esattamente che cosa aspettava loro riguardo le nuove interpretazioni. Mentre nella partita di domenica Hurricanes e Blues si sono già adattate. Hanno aggiunto più sostenitori al placcaggio per proteggere il possesso del pallone, e poi l’utilizzo del gioco al piede come hanno spiegato in conferenza stampa. Le squadre si adatteranno e troveranno il modo di giocare con le nuove interpretazioni, e di segnare il più alto numero di mete.”

“Le squadre che hanno interpretato bene il breakdown sono quelle che hanno imparato a giocare senza tener conto dell’arbitro. Per esempio, a fare in modo tale che i propri giocatori stiano a quel mezzo metro di distanza in più rispetto a prima. Da dove ero io, posizionato sulla linea laterale, vedevo che c’era cosi tanto spazio che non avevo alcun dubbio se chiamare il fuorigioco o no.”

Allora, diciamolo, le nuove interpretazioni sono state volute per poter dare maggiore continuità al gioco, soprattutto in attacco, ecco per cui il dissenso iniziale dei falli fischiati nella prima partita a favore della difesa. Avere un gioco quasi perfetto, che sia spettacolare e ricco di mete è l’obbiettivo ultimo di World Rugby che inconsciamente, o consapevolmente, cerca di far avvicinare il più possibile il rugby al rugby league, la versione a tredici uomini della palla ovale ricca di azioni d’attacco e di metamen. Quindi nel momento stesso in cui le squadre si adatteranno completamente alle nuove interpretazioni, avremo partite con un centinaio di punti come auspicano alcuni ex All Blacks? “Vedremo come i giocatori cambieranno la propria attitudine alle nuove interpretazioni, secondo me già dal secondo turno. Però non so se vedremo cinquanta o sessanta punti segnati per squadra. E’ vero che abbiamo delle squadre con grandi giocatori in attacco, ma è anche vero che queste squadre hanno grandi allenatori che troveranno nuove strategie difensive per vanificare gli attacchi avversari.”

“E’ importante comunque capire che con il passar del tempo si parlerà meno delle regole e più di un rugby fluido, soprattutto se ci sono giocatori astuti da usufruire delle regole e che, in possesso del pallone o durante un turn over, sanno sfruttare i maggiori spazi a disposizione per attaccare.”

Quindi possiamo rassicurare soprattutto gli addetti ai lavori e tifosi europei dicendo che il Super Rugby Aotearoa non è in crisi, e che le nuove interpretazioni non sono un dramma? “Non è assolutamente un dramma. Credo che la maggior parte della gente ha semplicemente guardato al numero di falli concessi, notando che il numero per partita e più alto del normale. Se si va a guardare al tipo di falli, però, si può capire che sono per infrazioni a cui i giocatori si adatteranno facilmente perché’ si adatteranno velocemente alle nuove interpretazioni. Paul Williams e Mike Fraser hanno fatto un gran lavoro durante la prima settimana e in questa seconda giornata sarà mio lavoro (Chiefs v Blues di sabato sera) e di Brendon Pickerill (Hurricanes v Crusaders di domenica pomeriggio) quello di continuare a rinforzare le nuove interpretazioni, in modo da garantire consistenza nella gestione del breakdown e conseguenti falli concessi, partita dopo partita e giornata dopo giornata.”

di Melita Martorana, Auckland