“Ci sono cose che solo il rugby riesce ad insegnarti” … Sono parole di Walter Rista, Presidente dell’Associazione Onlus “Ovale oltre le Sbarre”, promotrice al fianco del penitenziario “La Drola” di Torino e del suo direttore Pietro Buffa, del progetto federale “Il Rugby nelle Carceri”, iniziativa che ad oggi porta la palla ovale in 18 istituti penitenziari italiani. Nato quasi per caso nel 2010, il progetto ha permesso l’abbassamento dal 70% al 20% del tasso di recidiva per i detenuti coinvolti, sviluppando un trend positivo che ha sensibilmente abbassato i costi governativi relativi al mantenimento dei carcerati.
“E’ buffo vedere fin dove ci siamo spinti ripensando a come nacque tutto questo”, racconta Walter Rista. “Ero in Argentina con un mio amico tanti anni fa, quando col pullman facemmo un incidente con un altro pullman. Noi scendemmo subito in strada, mentre dall’altro pullman ci accorgemmo che non scendeva nessuno. Solo qualche minuto dopo, quando vedemmo che i passeggeri erano tutti incatenati, ci rendemmo conto che era un pullman di carcerati. Ripensai per settimane alle facce di quei ragazzi … Fu davvero un episodio che mi rimase impresso nella memoria, al punto che mi dissi che quando sarei andato in pensione avrei fatto qualcosa per aiutare i detenuti. Un sogno divenuto reale quando ho conosciuto il direttore de “La Drola” Pietro Buffa, col quale abbiamo tentato l’esperimento di organizzare una partita dimostrativa all’interno del penitenziario. Il giorno dopo, 130 detenuti che ci chiedevano di poter cominciare a giocare a rugby, ci ha convinti che eravamo sulla strada giusta. L’obiettivo dichiarato del progetto? Far capire alle persone che questi ragazzi non sono un voto a perdere, ma esseri umani in cerca di un’occasione per riscattarsi”.
Oggi vi parliamo di uno di questi ragazzi, Serghei Vitali, ex detenuto che, dopo 16 anni passati all’interno di diversi istituti penitenziari italiani, in questi giorni ha finalmente riassaporato la gioia di vivere da cittadino libero. 36enne di origini moldave, Serghei era diventato parte integrante del progetto 6 anni fa, proprio a “La Drola”, dove ancora 30enne il rugby gli aveva dato una ragione per continuare a lottare. Oggi, da ormai 7 mesi, fa stabilmente parte della grande famiglia del Rugby Colorno, dove il Presidente di “Sostegno Ovale Onlus” e Consigliere Federale Stefano Cantoni lo ha accolto a braccia aperte. In Biancorosso Serghei ha saputo farsi subito conoscere per il suo sorriso e la sua voglia di aiutare il prossimo, soprattutto nel periodo del lockdown, durante il quale ha lavorato come volontario al servizio della community colornese.
Serghei, raccontaci cosa fai qui a Colorno
“Vengo dal carcere di Torino, da La Drola. Da sette mesi mi trovo qui in affidamento al Rugby Colorno. Mesi in cui ho svolto e sto volgendo servizi sociali e operazioni di volontariato. Durante il lockdown, assieme ad altri ragazzi, mi sono messo a disposizione del territorio distribuendo la spesa per conto di Conad nelle case dei cittadini bisognosi. Di sera invece mi alleno e gioco con i Barbari del Po, la seconda squadra del Rugby Colorno che milita nel campionato di serie C.”
Stefano Cantoni introduce il progetto “Rugby oltre le Sbarre”
“Il Rugby Colorno ha una lunga tradizione nel sociale, che pone le sue radici nel 2013, quando fu fondata l’associazione Onlus Sostegno Ovale, progetto legato ai giovani e al rugby integrato. Da dieci anni sono Consigliere Federale con nomina a responsabile dei progetti sociali, tra i quali quello del “Rugby oltre le Sbarre”. Fu proprio nel 2010 che feci visita al penitenziario de La Drola a Torino, quel giorno conobbi Serghei. Il progetto viene sviluppato a livello nazionale con l’obiettivo di far avvicinare persone come Serghei allo sport del rugby, persone che arrivano da paesi diversi, con diverse tradizioni e che parlano lingue diverse. Attraverso il rugby viene data loro l’occasione di riscoprire regole che avevano dimenticato, regole di convivenza. Questi ragazzi hanno riscoperto cosa significhino impegno e sostegno proprio in un ambiente dove non vige il gioco di squadra, dove ognuno pensa alla propria sopravvivenza”.
“Posso orgogliosamente affermare che il progetto ha avuto e sta avendo successo, diverse persone come Serghei sono uscite dal carcere e non hanno sbagliato un’altra volta. E’ vincente l’iniziativa che la Federazione ha sposato e ne andiamo fieri. Serghei ha affrontato entusiasta il percorso e ora punta a farsi una famiglia e ricominciare la sua vita. Averlo qui rappresenta l’esempio di un percorso vincente.”
Serghei, parlaci del tuo approccio al mondo del rugby
“Mentre ero in prigione una mattina mi sono affacciato a una bacheca e ho visto uno strano annuncio, ho pensato: “strano che proprio qui si possa giocare a rugby”. E’ uno sport che mi ha sempre incuriosito e affascinato quindi ho deciso di iscrivermi. Dopo un mese sono stato selezionato anche se, visto che avevo 31 anni, mi era stato detto di essere un pochino vecchio… Ci ho messo solo una partita per convincere l’allenatore, tanto che mi ha confidato che sarei potuto diventare una terza linea perfetta”.
Raccontaci de “La Drola”, la prima squadra di rugby di cui hai fatto parte
“Nata nel 2009, La Drola si compone di soli detenuti che vengono selezionati a livello nazionale. Il rugby mi ha insegnato cosa sia la famiglia, un posto dove non sei mai solo, in allenamento e in cella esattamente come in partita. Giocando ho scoperto tante cose che non conoscevo. Una pacca sulla spalla per molti non vuole dire nulla ma dentro quel posto significa moltissimo. Ho combattuto per anni con i miei compagni per far crescere la squadra. Scendevamo in campo come se fosse l’ultimo giorno disponibile per stare tutti insieme. Il rugby mi ha aiutato a rispettare le regole che ho infranto in passato. Ho capito che i momenti difficili non si superano facilmente, bisogna impegnarsi e sacrificarsi come il rugby insegna. Sono onorato che Colorno mi abbia accolto in questa famiglia … Io qui ho trovato tutto quello di cui avevo bisogno e che non ho mai avuto prima”.
Stefano, cosa ti ha colpito di Serghei?
“Di Serghei mi ha sempre colpito la sua convinzione, il suo sorriso, il suo rispetto delle persone e delle regole. E’ sempre puntuale, anzi arriva sempre per primo ad ogni appuntamento. Nel lockdown era stato designato per la raccolta dei prodotti alimentari nel supermercato, diventando una persona di riferimento per tutti i clienti, al punto che ormai chiedevano a lui dove poter trovare certi alimenti. Al centro sportivo l’ho visto anche allenare i giovani, esperienza sicuramente positiva per lui e per i ragazzi e che la dice lunga sulla predisposizione alla famiglia che ha trovato nel rugby”.
Serghei, cos’è per te il rugby?
“Cos’è il rugby? Per me rugby significa sostegno. Nel mondo di oggi senza sostegno non si va da nessuna parte, senza sostegno diventa difficile affrontare la vita, specialmente in questa situazione.”
Stefano, cos’è per te il rugby?
“E’ la passione della vita, ho iniziato con il rugby da giovanissimo e ho giocato fino a 35 anni, ora sono un dirigente. Il rugby mi ha insegnato a soffrire, a non mollare mai e a sacrificarmi. Mi ha insegnato ad essere umile. Tante volte, io che giocavo pilone, in mischia prima di ingaggiare lo scontro diretto con il mio avversario pensavo: “se mollo sono finito, sono finito io e i miei compagni”. Non bisogna mai mollare, in campo come nella vita di tutti i giorni.”
Serghei, hai qualcosa da aggiungere?
“Oggi provo una grande emozione … Mi hanno appena comunicato che entro ufficialmente a far parte della rosa della prima squadra del Rugby Colorno. Ho iniziato con La Drola, poi sono passato ai Barbari del Po in Serie C e oggi mi alleno con un club di alto livello. Sono partito come un piccolo rugbista ed oggi posso allenarmi ai massimi livelli italiani. E’ un sogno che si avvera”.
“Serghei credo sia il caso lampante della buona riuscita del nostro progetto, che dal 2010 coinvolge ogni anno centinaia di ragazzi abbandonati a se stessi”, conclude Walter Rista. Sono persone come altre, che in passato hanno commesso gravi errori e ora li pagano a caro prezzo. Attraverso il rugby cercano di ricostruirsi una vita, scoprendo valori di cui prima non conoscevano il significato, come la famiglia, il sostegno reciproco e la resilienza. Servono davvero gli attributi per voltare pagina e non lasciarsi spaventare dal passato e Serghei li ha, l’ho capito dal primo giorno che ci ho parlato. Gli faccio un enorme in bocca al lupo per quella che possiamo definire la sua seconda vita, augurandogli di star bene e mettere in pratica quello che il rugby gli ha insegnato”.
Manuel Piazza