Quando l’integrazione di giovani migranti in una comunità italiana passa attraverso lo sport non appare certo come una novità, forse è più raro che vengano accolti in una squadra di rugby, spesso guardato con diffidenza dai non addetti ai lavori.
Nel corso della partecipazione al campionato di Serie C2 da parte della Seniores del Rugby Corato, tre ragazzi africani hanno fatto parte della rosa della squadra: Alaje Alì Mahamud di 21 anni nato in Gambia, Kpekpejean Kambire di 23 anni nato in Costa d’Avorio, Jean-Marie Ndongo Ndzinga di 23 anni nato in Camerun.
I tre ragazzi sono arrivati a Corato quest’anno ed hanno conosciuto il rugby quasi per caso a settembre guardando un allenamento della squadra seniores alla villa comunale. Allenarsi ai giardini pubblici è stata una soluzione temporanea dettata dalla indisponibilità settembrina di strutture pubbliche (per il rugby).
Il rugby ha capacità d’aggregazione e per questo svolge un ruolo sociale importante: promuove valori come lo spirito di gruppo, la tolleranza, il senso di appartenenza comune e può facilitare la integrazione e il dialogo interculturale. È uno sport noto per il caratteristico terzo tempo dove le squadre si ritrovano insieme per condividere il dopo-partita, accentuando il valore della sportività e del rispetto.
Entrati a far parte della rosa tra la curiosità degli altri 33 compagni di squadra, Ali, Kpekpejean e Jean-Marie si sono distinti sin da subito sia per velocità, sia perché ciascuno parla quattro lingue. Quasi tutti non avevano mai visto una palla da rugby nei loro paesi d’origine, ma allenamento dopo allenamento si sono visti i primi progressi
Alì il più giovane dei tre ha esordito a dicembre nella trasferta brindisina a Villa Castelli, marcando due mete nel momento di maggiore difficoltà della squadra coratina, totalizzando sei presenze in campionato.
Jean e Jean-Marie hanno esordito in primavera, una volta ottenuto il tesseramento presso la Federazione Italiana Rugby conseguente al rinnovo dei documenti di identità da parte delle autorità italiane.
Il capitano della squadra Cataldo Piccolomo ci dice “ci hanno proposto di far allenare i ragazzi proprio con l’idea immigrazione-integrazione, ma io non ci ho mai pensato perché nel rugby è una cosa intrinseca. Li ho sempre visti come dei giocatori, nient’altro. Nessuna differenza”.
Dopo una stagione sportiva in cui la squadra seniores è dovuta emigrare fuori da Corato per poter disputare partite casalinghe e le giovanili hanno dovuto allenarsi su un campo di calcetto privato, il rugby coratino guarda al futuro con la speranza di poter rientrare a Corato.