Seguire la fantomatica partita Argentina – Italia dello scorso sabato è stato, anche per me, assolutamente inevitabile. Se lo streaming è “andato e venuto”, la lettura dei quotidiani del giorno dopo e dei blog, in tempo reale, è stata quanto meno obiettiva e sono arrivato alla conclusione che, per l’ennesima volta, l’ItalRugby ha “toppato” alla grande. Con questa nuova gestione francese, mi ero riproposto di provare ad essere più positivo, rispetto agli anni passati, mi sono fatto trasportare dalle dichiarazioni di Brunel, quando parlava di rinnovamento, sia tecnico che gestionale. Ho vissuto con ottimismo il recente torneo delle Sei Nazioni, giustificando le sconfitte, perché il “piccolo francese” si era da poco seduto sulla panchina azzurra e aveva avuto poco tempo per lavorare. Insomma mi sono voluto fidare, ancora una volta e, ad oggi, dopo un week – end di riflessioni, mi sento quanto meno frastornato. La tanto attesa rivoluzione non è arrivata, certo sono stati inseriti alcuni giovani nuovi, ma nulla più. Lo staff tecnico è rimasto lo stesso, pochi “senatori” sono stati messi da parte, anzi c’è stato il solito riciclo, quando in realtà bisognava cambiare senza troppe discussioni. Ma cosa c’è che non va nel rugby italiano? A questo punto, direi, tutto. L’Argentina ci ha insegnato, una volta ancora, che solo lavorando tanto e concretamene, a partire dal movimento giovanile, si può arrivare ad avere dei risultati concreti a livello seniores. Una nazione che mette in campo un XV, in cui molti giocatori giocano per la prima volta a livello internazionale, che basa il suo movimento sul dilettantismo, che riempie gli stadi, domenica dopo domencia, dove i giocatori giocano senza remore ogni pallone, dove in vista dell’imminente entrata nella Rugby Championship, il CT decide di non far giocare “gente” come Amorosino, Imhoff, Leguizamón, Figallo, Rodríguez, Lobbe, Bustos, Agulla, Ayerzaa, Juan Martín Hernández e nonostante ciò vince convincendo, non può che esserci d’insegnamento, o per lo meno dovrebbe. Ecco cosa mi è rimasto di questo test match: tanta amarezza. Perché noi in Italia i giocatori ce li abbiamo, solo che tutti, a cominciare dalle “alte sfere”, dovrebbero farsi un bel bagno di umiltà e ripartire. Dovremmo mettere da parte politica e giochi di potere e pensare solo al bene del rugby, risanando completamente il movimento, ripartendo da zero, senza troppi indugi; ecco, ricominciando, potremmo riprenderci quella credibilità internazionale che, vincendo a Grenoble e entrando nel Sei Nazioni, ci eravamo giustamente guadagnati.