@davidemacor

Si gioca Italia contro Inghilterra, lo stadio Olimpico è gremito in ogni ordine di posto, gli azzurri sono motivati e vogliono provare ad imporsi sul XV della Rosa, tuttavia in 30 minuti di gioco l’Inghilterra ci doma e porta a casa la partita con disinvoltura e tranquillità. Questo l’intro. Da qui inizia la mia riflessione. Perché? Semplice, nei giorni successivi alla sconfitta contro l’Inghilterra ho letto di tutto e, soprattutto, ovunque, anche in testate giornalistiche che fino ad un paio di giorni prima manco sapevano cos’era il rugby. Già perché l’Italrugby perde e lo fa con una continuità incredibile, ciò nonostante smuove ancora le masse e gli 80.000 dell’Olimpico ne sono la dimostrazione e allora tutti a chiedersi Perché? Perché tutti amiamo questa grande sconfitta? Perché corriamo allo stadio sapendo in cuor nostro che alla fine sarà “alla bene e meglio” un onorevole partita persa? Perché l’Italia non riesce mai ad imporsi? Tecnicismi a parte, non ho di certo io la chiave per risolvere il tutto; ritengo che il mondo del rugby, almeno quello italiano, sia ben consapevole che le vittorie del domani si costruiscano sulle sconfitte dell’oggi, indipendentemente da quante siano queste ultime. Che ovvietà penserete. Tuttavia noi non siamo l’emisfero australe che pianifica in ogni minimo dettaglio, certo ci piacerebbe esserlo, ma in quel caso dovremo fare fatica e cambiare quello che siamo stati fino ad oggi. Questo a noi italiani non piace. Non siamo certamente i “cugini d’oltralpe” che smuovono milioni di euro, investono e costruiscono intere generazioni sul senso di appartenenza ad una realtà come quella della nazionale francese di rugby. Loro ci credono, noi italiani no. E gli inglesi? Meticolosi analizzatori di partite, precisi organizzatori della quotidianità dei giovani atleti, allenano, insegnano e educano allo stesso tempo. Noi italiano vorremmo, ma non ci si addice come stile. Irlanda? Galles? Scozia? Ah, loro il rugby lo vivono come uno stile di vita, come una vocazione, noi italiano abbiamo il calcio e non possiamo e vogliamo confondere le cose. Ma in conclusione a noi italiani cosa piace? Noi amiamo commuoverci per un gesto, attaccarci in maniera morbosa a quelle due o tre personalità forti che giocano nella nostra Italia, sognare un Dominguez parte seconda, aspettare un altro piccolo Parisse o un’altra generazioni di atleti come quella che sta via via lasciando strada ai nuovi volti azzurri. Ok, questo ci può anche stare. Ma concretamente cosa facciamo? Accademie, costruiamo giocatori che poi sono sempre troppo acerbi per l’eccellenza, estremamente non pronti per la Pro 12, troppo forti per la serie B, per cui spesso ne perdiamo le tracce in A o in qualche serie minore europea. Quante generazioni abbiamo perso? Quante ne perderemo? I ragazzi adorano la palla ovale, non c’è una spiegazione per questo, solo che il rugby piace alla gente. E allora perché non partire da questo. Perché non provare a cambiare questa staticità che imperversa nell’Italia del Rugby? Perché non rilanciare un campionato italiano che permetta di costruire giovani che in futuro possano rappresentare l’Italia? Perché non osare di più? Di Carlo Canna ce ne sono tanti in Italia, solo che a forza di aspettare il loro momento sono diventati vecchi. Perché non provare a cambiare lo “stile Italia”, dove tutti sono indispensabili, ma spesso nessuno è utile alla causa. Come quale causa? Far vivere all’Italrugby una lunga stagione di vittorie.

05Asti Rugby Junior 21-ottobre 2012per gallery