Oggi parlo per la serie C. Siamo così tesi ed entusiasti per la ripartenza del rugby che tutti i problemi, che da sempre affliggono questi campionati, sono diventati delle piacevoli situazioni da risolvere. Senza dimenticare, poi, tutto quello che ci è mancato, di rugbistico e di tutto quel contorno che circonda una partita di rugby di serie C (in questo caso mi riferisco a quella, ma vale per tutto il mondo del rugby). 

Di cosa sto parlando? Pensiamo all’anno e mezzo senza rugby giocato. Ok, l’avete fatto? Bene! Siamo stati oltre 400 giorni senza placcaggi, senza polemiche sterili, senza sfide con gli avversari, senza le birre, le paste scotte, le griglie organizzate all’ultimo minuto, gli astemi da prendere per il culo, le docce fredde, quelle calde per 3 minuti, i discorsi pre partita, quella scarica di adrenalina che ti passa per il corpo ad ogni vittoria (guardate che vi conosco, tutti l’avete provata), quel senso di malessere nelle sconfitte, i lunedì del “mannaggia a me e la volta che ho iniziato a giocare”, i tagli sulle gambe, gli occhi neri sul lavoro, l’ansia dell’esordio, l’ansia ad ogni gara giocata, il discorso dell’arbitro(che diciamo nessuna ha mai capito), le domande dei piloni al discorso dell’arbitro (che diciamo nessuno ha mai capito), la preparazione atletica (no quella no), gli interminabili odi verso gli arbitri, che poi svaniscono al fischio finale, gli sguardi dei (pochi) tifosi sugli spalti prima della partita, il caffè della macchinetta la mattina, bevuto rigorosamente in silenzio, la concentrazione solitaria del capitano, le pacche sulle spalle negli spogliatoi, quegli ameni odori che escono dalle borse (in questo caso aperte dopo oltre un anno e mezzi di non gioco), l’odore dell’olio riscaldante, la notte prima della gara, i venerdì di rifinitura, le feste per una vittoria, le feste per una sconfitta, le lacrime per un infortunio, le visite al pronto soccorso cittadino, le liti con la morosa perchè “ancora al rugby pensi”, le liti con la moglie perchè “sei troppo vecchio per sto rugby”, lo sguardo orgoglioso di tuo padre che non capisce niente di rugby, ma ti pensa come Il Gladiatore, i battesimi, i viaggi in corriera, il casino nei viaggi in corriera, le schifezze comprate agli autogrill, i chili di fasciature, i massaggi eterni pre partita, le sigarette spezzate (perchè ti becca il coach), i rientri serali sfinito in macchina. 

Bene, dopo tutto questo. Un anno e mezzo di niente e ad una settimana dall’esordio in campionato cosa capita? 

La mancanza delle visite mediche, i giocatori che (giustamente – sono fottutamente ironico, li ammazzerei) devono farsi una domenica via con la morosa, i “domenica non ci sono perchè devo studiare, ma ho tantissima voglia”, i “o avevo capito che si iniziava domenica prossima”, i “ma davvero serve la visita medica?”, i “domenica alleno”, i “non puoi giocare perchè il livello è così alto che la tua ex società non ti da il nullaosta a causa dei diritti di immagine che ruotano attorno alla tua persona per cui sei costretto ad allenarti a meno che non paghiamo dei soldi per comprare questi diritti (il post è volutamente scritto così, senza virgole e senso. Ma pensateci su)”, i “mi dispiace, non ci sono a causa di quell’infortunio nel 1976”, i “mia madre/sorella/zia/lontana cugina si sposa e devo per forza farle da testimone”. 

Insomma in questa settimana, dopo un anno e mezzo di stop, i giocatori sognano l’esordio in campo (a modo loro), i dirigenti sorridono per no bestemmiare, gli allenatori somatizzano, i presidenti pensano al minirugby. 

In ogni caso, mai come oggi, TUTTI vogliamo solo tornare in un campo a divertirci. Mai come oggi tutti viviamo tra mille pensieri questo tanto atteso ritorno al rugby giocato. Mai come oggi tutti torniamo giovanissimi, come quella volta che abbiamo esordito in seniores o ci siamo resi conto che il rugby sarebbe stato tutta la nostra vita. 

@davidemacor

La foto l’ho presa completamente a caso.