Di Andrea Pelliccia
Ultimi giorni del 1996, diciotto anni fa. Chi è nato in quei giorni festeggia ora il raggiungimento della maggiore età, con tutti i diritti e i doveri che questa comporta.
Diciotto anni fa a quest’ora il rugby italiano si preparava a diventare maggiorenne, era impegnato ad affrontare quell’esame di maturità il cui superamento avrebbe decretato il concretizzarsi di un sogno fino a pochi anni prima impossibile: l’accesso al torneo più antico e prestigioso. Quello noto come Cinque Nazioni e che, con l’ammissione dell’Italia, avrebbe dovuto cambiare nome e diventare Sei Nazioni.
Nel giro di pochi mesi gli Azzurri allenati dal francese Georges Coste avrebbero affrontato le squadre protagoniste del Cinque Nazioni, disputando così una sorta di Sei Nazioni ante litteram. Impresa ardua resa ancora più complicata dal fatto che l’Italia avrebbe disputato in trasferta quattro incontri su cinque. Un’ulteriore importante banco di prova per il rugby azzurro sarebbe stata la partita in casa contro la fortissima Australia.
A dare un briciolo di ottimismo alle speranze azzurre era proprio la forza della nostra Nazionale, una delle più competitive di sempre. Diego Dominguez, Alessandro Troncon, Ivan Francescato, Paolo Vaccari, Stefano Bordon, Marcello e Massimo Cuttitta, Franco Properzi-Curti, Walter Cristofoletto, Giambattista Croci, Orazio Arancio, Massimo Giovanelli sono i primi nomi che vengono in mente ricordando i protagonisti di quella straordinaria stagione.
Diciotto anni fa a quest’ora l’esame di maturità per il rugby italiano stava andando maluccio. Tre sconfitte nelle prime tre partite.
La prima, il 5 ottobre 1996, all’Olimpico di Roma contro il Galles, per 31-22. Un’occasione persa. Il Galles era reduce da una tournée disastrosa in Australia: la vittoria era ampiamente alla portata degli Azzurri. Ma l’esperienza, in molti casi, conta più del valore della squadra. E così il Galles, subito in vantaggio 13-0 grazie a una partenza veemente, riuscì a portare a casa la vittoria, complice anche l’arbitro sudafricano che annullava una meta regolare agli Azzurri mentre tentavano di concretizzare la rimonta.
Nel mese di novembre, dopo un’incoraggiante partita giocata a Padova contro l’Australia (vittoria dei Wallabies per 40-18 ma Azzurri in vantaggio alla fine del primo tempo), l’Italia fece visita all’Inghilterra nel tempio di Twickenham. Fu, senza mezzi termini, un autentico disastro. Inglesi in vantaggio 35-0 all’inizio del secondo tempo, grazie ai molti errori azzurri soprattutto in touche. Finì 54-21, con la magra consolazione delle tre mete segnate nel finale di partita.
Restava ancora un test-match da disputare nel 1996. A Murrayfield contro la Scozia, il 14 dicembre. Buona partenza degli Azzurri in vantaggio 12-8 al termine della prima frazione di gioco. Nella ripresa si concretizzò poi la classica “sconfitta onorevole”: rimonta scozzese, partita equilibrata fino al termine e risultato finale di 29-22.
Diciotto anni fa a quest’ora l’Italia si accingeva a disputare una partita in Galles contro gli Scarlets di Llanelli. Gara programmata per il 31 dicembre 1996, in vista dell’incontro contro l’Irlanda del 4 gennaio. “The match that never was” dicono gli anglosassoni con un pizzico di poesia. Partita non giocata a causa del terreno gelato dello Stradey Park e mai più riprogrammata.
Ci si affacciò così al 1997 con tante incognite e poche certezze.
“Anno nuovo vita nuova” direbbero quelli a cui sono cari i proverbi. Andò davvero così, perché l’Italia si giocò nel miglior modo possibile le residue speranze di essere ammessa al Cinque Nazioni.
Al Lansdowne Road di Dublino non ci si rammaricò per l’ennesima sconfitta onorevole ma si festeggiò la grande impresa. Primo tempo altalenante, con l’Italia in vantaggio grazie a una meta di Vaccari. L’Irlanda si affida ai calci piazzati di Burke per restare in partita, ma è l’Italia ad andare ancora in meta con Marcello Cuttitta: 14-6 per gli Azzurri. Rimonta irlandese con altri quattro piazzati messi a segno da Burke e primo tempo chiuso sul 18-17 per i verdi. Secondo tempo altrettanto avvincente. Irlanda in vantaggio 26-20 grazie a una meta di Bell, Italia che reagisce e si porta avanti di un punto con una meta di Vaccari trasformata da Dominguez. I calci piazzati di Burke e Dominguez mantengono la gara in equilibrio: 30-29 per l’Italia a due minuti dalla fine. A far girare definitivamente le sorti della partita in nostro favore, una splendida azione alla mano conclusa in area di meta da Dominguez. Trasformazione e risultato finale di 37-29.
Le quotazioni del rugby italiano risalivano improvvisamente, si ricominciava timidamente a parlare di ingresso dell’Italia nel torneo più antico del mondo.
Nel frattempo si disputò il Cinque Nazioni 1997. A vincerlo fu la Francia che realizzò anche il Grand Slam. Al termine del torneo era previsto un incontro tra Francia e Italia che avrebbe assegnato il titolo della Coppa FIRA. La partita si giocò a Grenoble il 22 marzo 1997, giusto una settimana dopo il trionfo nel Cinque Nazioni. I transalpini, viste le ultime convincenti prestazioni degli Azzurri, decisero di non correre rischi e schierarono nella formazione titolare ben nove giocatori protagonisti del torneo appena vinto.
Allo Stadio Lesdiguieres c’erano meno di ventimila spettatori, di cui circa tremila italiani. Molti altri erano sintonizzati sull’emittente TMC2.
Per dare l’idea di quanto sarebbe stata proibitiva la gara che gli Azzurri si accingevano a disputare, è sufficiente ricordare il bilancio degli incontri tra Italia e Francia fino a quel momento. Dal 1937, anno in cui si disputò il primo incontro tra le due Nazionali, il massimo risultato ottenuto dall’Italia era stato un pareggio 6-6 conquistato a Rovigo nel 1983. Ma a essere opposta agli Azzurri era la Francia A, dato che, dopo un disastroso 60-13 nel 1967 a Tolone, la Francia negò per ben diciotto anni il “test match”. Oltre al pareggio qualche sconfitta beffarda: su tutte, nel 1964 a Grenoble, un 14-12 che fino a una manciata di secondi dalla fine era 12-6 per noi.
Eppure, nonostante le premesse nefaste, il 22 marzo 1997 l’Italia sconfisse a Grenoble la Francia campione in carica del Cinque Nazioni, realizzando l’impresa più epica che il rugby italiano ricordi. Finì 40-32, grazie a quattro mete (Ivan Francescato, Gardner, Croci, Vaccari) e ai calci piazzati di un infallibile Dominguez. Per dare un’ulteriore misura di quanto fu straordinaria la prova degli Azzurri diremo che prima di allora la Francia aveva subito almeno 40 punti in casa solo in un’altra occasione: una sconfitta per 47-5 contro il Galles. Ma era il lontano 1909: i transalpini non partecipavano ancora al Cinque Nazioni e il Galles era la squadra più forte di quel tempo (quattro anni prima erano stati gli unici a sconfiggere gli imbattibili All Blacks).
Insomma, la strada per l’ammissione al Cinque Nazioni era spianata!
Diciotto anni dopo. Ora. Il rugby italiano è diventato maggiorenne: dal 2000 disputa ogni anno il Torneo delle Sei Nazioni. Purtroppo la maturità è solo anagrafica, non essendo corroborata da risultati lusinghieri. Solo in due occasioni gli Azzurri hanno vinto due partite in un torneo (2007 e 2013), molto più frequente è stata la “conquista” del cucchiaio di legno, trofeo simbolico destinato alla squadra ultima classificata e appannaggio dell’Italia in ben dieci edizioni su quindici.
A preoccupare non è tanto la mancanza di risultati (la Francia fu ammessa al torneo nel 1910 e, sebbene non partecipò in modo continuativo, dovette aspettare il 1958 per aggiudicarselo) quanto di prospettive. Non è solo la nostra Nazionale maggiore a subire sconfitte così frequenti da averla fatta scivolare al 14° posto nel ranking IRB (dietro alle meno blasonate Samoa, Giappone e Tonga e incalzata dalla Georgia) ma anche le nazionali giovanili. Per non parlare dei poco onorevoli risultati maturati in campo internazionale dalle franchigie e dalle squadre di club.
Insomma, è l’intero movimento rugbistico italiano (con l’unica piacevole eccezione della Nazionale femminile) a vivere una lunga e profonda crisi: l’impressione che si percepisce è che l’ambitissimo accesso al Sei Nazioni sia stato un punto d’arrivo e non di partenza.
Anno nuovo vita nuova? Alla fine del 1996 queste premesse c’erano e si sono concretizzate. Alla fine del 2014, diciotto anni dopo, sembra che queste premesse non ci siano.
Ma la speranza, si sa, è l’ultima a morire.
Le immagini che seguono sono: copertina del programma Llanelli – Italia del 31 dicembre 1996, copertina del programma Irlanda – Italia del 4 gennaio 1997, immagini di Irlanda – Italia tratte da “Il mondo del rugby”, copertina del programma Francia – Italia del 22 marzo 1997, immagini di Francia – Italia tratte da “Il mondo del rugby”.
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