Il coaching è una strategia di formazione, nata in America, che si pone l’obiettivo di aiutare la persona ad acquisire una maggiore competenza professionale e a superare barriere che ostacolano il miglioramento della sua performance. Negli ultimi anni anche in Italia si è sviluppata questa disciplina. In particolare, il mental coach David Simbolotti, di Evoluzione Sport, applica conoscenze acquisite, in particolare nel mondo dello sport.

Buongiorno David e grazie per essere qui per parlare di coaching. Innanzi tutto, vista la mia poca conoscenza sull’argomento, ti prego di parlarmi, in generale, di questo tipo di formazione.

Ciao Valerio, grazie per l’opportunità di poter parlare del coaching e della figura del mental coach, ancora poco conosciuta in Italia, ma di grande impatto in tutti gli ambiti della vita quotidiana e quindi anche lavorativa e sportiva.

Il coaching è una strategia di formazione che aiuta le persone a raggiungere i propri obiettivi , ponendo al centro l’individuo attraverso un cambiamento o una trasformazione al fine di migliorare le capacità dell’individuo stesso, così da facilitare il raggiungimento dell’obiettivo.

La figura preposta a questo è, come hai accennato, il mental coach. Cosa fa, praticamente un mental coach e come lo si diventa?

 Parlando di sport, un mental coach da gli strumenti necessari all’atleta per superare i propri limiti e raggiungere gli obiettivi, considerando che spesso ci convinciamo di non essere in grado andare oltre alcune situazioni o migliorare le proprie prestazioni, perché pensiamo di non essere all’altezza.

Come diceva lord Cromwell: “ se fate le stesse cose che avete sempre fatto, ottenete gli stessi risultati che avete sempre ottenuto”.

Le tecniche, utilizzate dal mental coach, portano l’atleta a rendersi conto che le proprie convinzioni sono solo dei limiti depotenzianti e non la vera realtà.

Per diventare mental coach bisogna affrontare un percorso formativo intenso, indirizzato, in primis, verso se stessi e in seguito verso coloro che ne hanno bisogno. Il percorso di formazione, in realtà, non finisce mai, considerando che la natura dell’uomo è evolversi e quindi si è sempre alla ricerca di nuovi stimoli e nuovi obiettivi da raggiungere.

Perché hai scelto di diventare mental coach?

 Sono da 30 anni nel mondo dello sport, avendo iniziato già a 5 anni a muovere i primi passi in palestra. Ho praticato diverse discipline sportive, acquisendo così importanti nozioni sullo sport e sulle differenze delle varie discipline, sia fisiche sia mentali. Con la mia maturazione personale, mi sono reso conto come l’aspetto mentale fosse determinante per migliorare l’aspetto fisico e quindi tecnico, sia nella fase di apprendimento sia in una fase di tecnica evoluta. Diventato allenatore, attraverso corsi di formazione tecnica, mi sono reso conto della necessità di lavorare anche e soprattutto l’aspetto mentale, considerando che, fino a quel momento, nessuno lo aveva mai considerato o comunque lo aveva fatto in maniera generica e priva di basi concrete. Inoltre, ho sempre sostenuto che lo sport è una metafora di vita, i miglioramenti che si possono ottenere in palestra, portano risultati anche fuori, nella vita quotidiana. Per questo è necessario superare i propri limiti e migliorare la qualità della propria vita.

Quest’anno hai applicato questa strategia in una squadra di pallavolo giovanile. In che modo hai aiutato questi ragazzi e quali sono stati gli obiettivi raggiunti?

 Quest’anno ho lavorato con un gruppo di ragazzi alla prima esperienza pallavolistica o comunque con una breve storia sui campi. Quindi il mio obiettivo è stato trasformare i loro limiti, dettati dall’inesperienza, in opportunità, facendo capire loro che ponendosi in maniera negativa o comunque sentendosi perdenti di fronte ad avversari apparentemente più esperti, non avrebbero mai capito realmente il loro valore e le loro capacità, limitando il loro miglioramento tecnico e quindi la loro crescita come atleti.

Parliamo di rugby, in che modo un mental coach può aiutare una squadra di rugby?

 Le difficoltà da affrontare sono soggettive, quindi differenti in ogni singola realtà, anche e soprattutto nel rugby, sport di contatto, dove l’essere determinati è fondamentale in diversi aspetti, dall’impatto, ai placcaggi, alla voglia di essere vincente nel gestire ogni situazione di gioco e aver sempre il focus sull’obiettivo. Quindi, lavorare sia sul singolo sia sulla squadra.

Grazie mille a David per la sua disponibilità, per maggiori informazioni potete andare su www.evoluzionesport.it

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