Di Giacomo Civino

Correva il 1995, Nelson Mandela era diventato da poco Presidente, con le prime leggi anti-aparthaid. Nel 1992 gli Springbok erano rientrati nel circuito IRB. 

In quell’estate del 1995 il Sudafrica si risvegliò, con l’evento più atteso dal mondo rugbistico la Coppa del Mondo, giocata in casa, sotto l’egida del neopresidente che pacatamente cercava di unire e risollevare il suo Paese. Una nazione attraversata da una ferita quasi irreparabile. Con una squadra rimasta isolata per anni e sfasciata al suo interno. Come la divisione aveva permeato la vita, così aveva fatto anche con lo sport. Occorreva un cambiamento.  Si pensò di cambiare il nome della squadra, ma, un ordine presidenziale proibì quest’ avvenimento.

Occorreva riconciliarsi con le antilopi. Occorreva riconciliarsi con il rugby. Mandela intuì l’ubuntu della palla ovale. Quella fede in un legame universale che lega l’umanità. Il nome restò. È l’uomo che, secondo Mandela, doveva cambiare.

Sia il Sudafrica che la Nuova Zelanda riuscirono a passare agevolmente sia i gironi che i play-off,

Tra le file degli All Blacks spiccava un ragazzo il cui nome era già storia, Jhona Lomu.

La finale si tenne all’Ellis Park di Johannesburg davanti a 62000 spettatori, arbitro l’inglese Ed Morrison. All’incontro assisté il neopresidente sudafricano Nelson Mandela, che si era prodigato, nel corso del torneo, per far sì che anche la maggioranza di colore del Paese sostenesse la squadra nazionale. Poco prima dell’incontro Mandela si presentò negli spogliatoi degli Springbok per salutare la squadra indossando la maglietta numero 6 del capitano François Pienaar.

La partita fu molto tesa e senza mete e il punteggio fu determinato solo dai calci piazzati e dai drop: i tempi regolamentari finirono in parità 9-9, con tre piazzati di Joël Stransky (uno dei bianchi non afrikaner degli Springbok, essendo di famiglia ebrea polacca) e due piazzati e un drop di Andy Mehrtens (nato in Sudafrica anche se internazionale neozelandese); nel primo supplementare ancora Mehrtens portò avanti gli All Blacks con un calcio piazzato, ma Stransky pareggiò all’ultimo minuto per il 12-12 con cui iniziò il secondo supplementare, che fu deciso, di nuovo, da Stransky che marcò in drop il definitivo 15-12. Mandela in persona consegnò la coppa a Pienaar, che dopo la premiazione disse: «Oggi eravamo sospinti da 43 milioni di persone».