Di Davide Macor
«Fateci caso, la nazionale di quei bestioni perde sempre eppure loro sono comunque contenti!»,
«1) non ne posso più di leggere e sentire: «hanno perso ma sono usciti a testa alta»; 2) non capisco perché se Osvaldo gioca nella nazionale di calcio è uno scandalo e se un sudafricano che vive da tre anni in Italia mette la maglia azzurra (si chiamano «equiparati») è un passo avanti per lo sport; 3) anche se so che è sbagliato, preferisco un derby vinto 1-0 su autogol (ogni riferimento storico è puramente voluto) piuttosto che andare a bere una birra con chi mi ha appena battuto come se fossi una cotoletta pronta per la padella»
Adesso ditemi se questo non si chiama “rosicare” e permettetemi di usare questo termine dialettale, ma in questa situazione solo di questo possiamo parlare. Eh si, perché riempire uno stadio Olimpico per uno sport minore come il rugby è davvero una cosa brutta agli occhi dei calciofili, figuriamoci poi se la questura di Roma dirama un bollettino più che positivo. Già, niente accoltellamenti, nessuno ha assaltato le corriere avversarie, non ci sono stati incendi o danni, che brutto epilogo! In conclusione poi sono anche arrivati alla città di Roma i complimenti per l’organizzazione della partita nonostante le avversità climatiche, niente meno che da Feehan, direttore del Torneo Sei Nazioni, davvero una brutta cosa, non c’è che dire. Poi vedere tutto questo attaccamento alla maglia azzurra da parte di uno stadio intero…che schifo. Per non parlare dei tifosi che si possono addirittura mescolare, una cosa davvero incivile e brutta da vedere.
Scusate lo sfogo, ma anche se la nostra Italia perde, dietro c’è una cultura del rugby che va oltre al mero risultato sul campo. Tutti sappiamo quello che la nostra nazionale può dare, siamo tutti critici e stufi di uscire dal campo sconfitti, ma personalmente sono fiero dell’aria che si respira ad una partita di rugby. Sono fiero del comportamento impeccabile dei tifosi, sono fiero di bere una birra con chi mi ha appena battuto. Perché solo il lavoro, la costanza e il rispetto possono realmente cambiare le cose e la fiducia che c’è attorno a questa nazionale è tanta e da tifoso mi auguro di vedere altre 100 partite così, piuttosto che viverne anche una soltanto in clima “calcio”.