Il giovane tecnico aquilano della Under 23 traccia bilancio e obiettivi della stagione e del “progetto Gran Sasso”

Fermo il campionato di Serie B a causa della gara del SixNations che disputerà l’Italrugby sabato contro il Galles, domenica 24 febbraio scenderà in campo all’Oasi di San Giovanni Teatino la Gran Sasso Under 23, in occasione dell’ultima gara di regular season del campionato di categoria, contro i romani del Villa Pamphili. Poi i play off, probabilmente contro una tra Lazio Rugby e Capitolina.

Francesco Iannucci, aquilano doc e giovane tecnico della Gran Sasso U23, traccia un primo bilancio del campionato interregionale di categoria, giunto quasi al capolinea.

L’idea che ho, dopo questi due anni da tecnico della Under 23, è che questa non sia una vera e propria categoria giovanile. Pensare che a 23 anni serva ancora una giovanile sembra quantomeno improduttivo. Se si trasformasse in una competizione stile “campionato riserve” come era in passato o come succede oggi con le Academy in Inghilterra, potrebbe invece diventare interessante per avere rose ampie, dare minutaggio ai giocatori e offrire loro un’opportunità di crescita.

Un girone che comunque quest’anno vi vedeva contrapposti a formazioni prestigiose come Lazio e Capitolina.

Le esperienze con Lazio e Capitolina sono servite ai ragazzi per crescere e confrontarsi con realtà con un vissuto più evoluto; con Frascati e Villa Pamphili abbiamo avuto delle prove di maturità importanti. Sono soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto fino ad ora. L’anno scorso abbiamo rafforzato difesa e combattività, quest’anno siamo ripartiti da lì e abbiamo provato a giocare di più. Dobbiamo crescere ancora molto sul piano della mentalità e toglierci via i complessi di inferiorità nei confronti di realtà di maggiore tradizione rugbystica – molti ragazzi provengono dal pescarese ndr – dobbiamo essere più consapevoli di avere i mezzi per confrontarci alla pari.

Le giovanili rappresentano da sempre una grande scommessa della Gran Sasso Rugby. Nelle ultime due stagioni Santavenere, Mistichelli, Mancini, Granito, Taraschi hanno esordito in serie B. Il debutto di Anibaldi (classe 1994) e la convocazione di Liberatore di domenica scorsa contro il Frascati ne sono l’ennesima dimostrazione.

Mi pongo continuamente l’obiettivo della crescita dei singoli giocatori. L’obiettivo principale è sicuramente formare giocatori capaci di adattarsi e che possano essere a disposizione di Pierpaolo Rotilio, attraverso i valori della disciplina, del rispetto e dell’entusiasmo verso un obiettivo comune. Credo che spesso il concetto di “gruppo” venga utilizzato per nascondere le debolezze mentali, comportamentali e motivazionali dei singoli. Il calore del gruppo può aiutare il singolo a risolvere queste debolezze ma non può diventare l’alibi per non mettersi in gioco: ogni giocatore va messo difronte alla sfida con se stesso, altrimenti avrà sempre paura della sua ombra. Quindi abbiamo lavorato anche con Marcello Recinella, tecnico della Under 20, su due binari: la squadra e il singolo.

Tutto questo è frutto della tenacia dei ragazzi che si allenano, della politica di due società che collaborano strettamente come Sambuceto e Gran Sasso e anche di un lavoro di staff che premia la crescita e le potenzialità. Certo, è giusto tenere ben presente che non è mai abbastanza e che questi esordi si misureranno nel tempo, nella costanza e nella qualità di quello che faremo nel futuro.

La prima squadra guida saldamente il girone 4 della Serie B, e probabilmente affronterà in primavera le finali valevoli per l’accesso alla Serie A. Quanto sarà importante la valorizzazione del vivaio in una eventuale prospettiva di un campionato prestigioso come quello di Serie A?

Da tempo la Gran Sasso Rugby è impegnata in una importante collaborazione nel progetto di formazione con il Sambuceto Rugby. Siamo ripartiti quest’anno anche con il settore minirugby a L’Aquila, tra le mille difficoltà che ci propina quotidianamente la nostra città e – anche grazie al prezioso apporto del responsabile del progetto Ugo Andreassi – stiamo ottenendo i primi risultati.

Credo che intanto sarà importante avere una struttura come quella in corso di ristrutturazione a Villa Sant’Angelo, perché diventa un simbolo di appartenenza, soprattutto per i più giovani. Appena sarà pronto il campo i ragazzi potranno crescere, fare esperienze e vivere meglio il club. Per fortuna la prima squadra è ancora relativamente giovane per cui abbiamo la serenità di costruire i settori e di inserire i più giovani gradualmente, senza correre il rischio che si brucino o che si sentano sopravvalutati. Credo infatti che lo scoglio più importante che abbiamo quando si favorisce l’inserimento di un ragazzo in una categoria superiore sia quello di fargli percepire la giusta misura: né abbatterlo se le cose non sono come se le aspetta, né fargli montare la testa se le cose vanno meglio delle proprie aspettative. Inutile negare che nel rugby di oggi avere un settore di formazione giovanile è vitale.

Ufficio Stampa Gran Sasso Rugby