E’ di pochi giorni fa un articolo di Duccio Fumero (che potete leggere qui) riguardo i problemi economici delle società italiane di alto livello. Il pezzo, prende come esempio Calvisano, una realtà solida a prima vista, invece, a quanto sembra, in ritardo con i pagamenti degli stipendi dei giocatori.
Dopo averlo letto, mi sono soffermato con attenzione sui commenti, andando a sbirciare anche le considerazioni nate a margine sui social, fatte da appassionati e addetti ai lavori.
Fondamentalmente si sono creati due schieramenti: chi imputa la crisi a una mala gestione federale e chi invece da la colpa alle società, spesso pigre e male organizzate.
Bene, hanno ragione entrambi.
Da un lato, infatti, la Federazione non fa molto per esaltare l’Eccellenza e i campionati minori, preoccupandosi esclusivamente della nazionale (e forse solo del sei nazioni), lasciando allo sbaraglio tutto il resto.
Non a caso la visibilità del rugby in Italia è prossima allo zero. L’ Eccellenza è limitata a una partita a settimana su Rai Sport, con dei contratti blindati che non permettono l’uso di immagini e contenuti da parte di altri. Questo mina di gran lunga la visibilità delle squadre e, soprattutto, l’appeal delle stesse verso potenziali sponsor che non trovano nel rugby alcun ritorno di immagine.
Mi chiedo: tolto il costo degli arbitri e delle spese accessorie, quanto investe la FIR sul campionato di Eccellenza? Quanti di questi soldi sono dedicati alla comunicazione? E ancora: come vengono chiusi gli accordi con le televisioni, visto che non si riesce a dare stabilità al prodotto? Possibile che la Rai, tv di stato, non vada a riprendere alcune squadre in campo perchè scomodo?
Questa ovvia mancanza da parte della federazione ha avuto, però, una reazione opposta rispetto a quella che mi sarei aspettato da parte delle società italiane di Eccellenza, a cui pongo una domanda simile a quella fatta alla FIR: quanto investe una società di eccellenza in comunicazione?
Punto molto su questo aspetto perchè ho la sensazione che molte delle realtà del nostro campionato si limitano a fare il minimo indispensabile senza cercare nuovi possibili sviluppi e senza cogliere occasioni. Mi preme sottolineare che un investimento non deve essere necessariamente economico, ma richiede sicuramente impegno.
Da un paio di anni sono nate nuove e diverse trasmissioni radiotelevisive dedicate al rugby, poche di queste hanno collaborazioni dirette con i media staff delle società.
Personalmente ho cercato più volte contatti: lo scorso anno per il programma radiofonico “Gli Eccellenti” e quest’anno per “Mi scusi sua Eccellenza”, trasmissione televisiva dedicata al massimo campionato italiano di rugby. Le risposte sono arrivate da due o tre società soltanto, qualcuno mi ha risposto che non sapeva come attrezzarsi (per fare un video basta un tablet con un auricolare).
Se si vuole crescere, in campo e fuori, bisogna spingere, fino a costringere la FIR a investire meglio. Ma se le società sono le prime a fermarsi e piangersi addosso per la poca visibilità, mai faremo passi avanti.
Concludo con un aneddoto: Cardiff, Milleniun Stadium, mondiale di rugby league. Un giornalista inglese guarda Davide e gli dice: “Tu sei l’unico giornalista italiano presente qui per la manifestazione. Questo è il motivo per cui il rugby in Italia non crescerà mai”