Di Lorenzo Cirri

Sabato scorso con la partita tra Inghilterra e Francia è iniziato il grande novembre del rugby femminile.
Tante squadre scenderanno in campo in questo mese per misurare la loro forza e le loro ambizioni in vista della prossima Coppa Del Mondo a XV, che non sembra poi già più così lontana.
Inghilterra, Nuova Zelanda, Francia, USA, Italia, insomma c’è il meglio del rugby femminile mondiale.
Sabato ho potuto assistere in streaming sul canale della RFU alla partita dell’Inghilterra e mentre guardavo (sorpreso anche dalla qualità delle riprese, oltre a quella del gioco) non ho potuto fare a meno di chiedermi una cosa: “Perchè tutte queste belle partite, saranno ancora una volta ignorate dai media in Italia?
Sto cercando una risposta… Ma non mi riesce di capire. Qui da noi è da questa estate che si parla delle tre partite che i ragazzi di Brunel affronteranno tra qualche giorno, si organizzano eventi e rugbymob ed anche i quotidiani cominciano a riservare un po’ di spazio al rugby… Maschile. Ho contato la bellezza di 327 articoli diversi sui siti di maggior competenza rugbistica sul novembre dell’Italia maschile da agosto ad oggi, a fronte di 4 articoli soli sulle ragazze, che pure affronteranno a Roma la prossima settimana gli USA in una partita davvero affascinante quanto difficile.
In molti mi dicono spesso che anche negli altri paesi è così, il rugby rimane nell’immaginario una disciplina prettamente maschile.
Eppure qualche anno fa mentro ero in Irlanda ad Athlone mi è capitato di vedere la finale di Coppa d’Irlanda Femminile e pensate che per far giocare quella partita è stata spostata quella maschile. Prima divisione irlandese, mica roba da nulla! In Italia una cosa del genere non succederebbe mai.
Mi sono concentrato nel seguire tutte le fasi di quella partita, dal riscaldamento (il migliore che mi sia mai capitato di vedere anche a livello maschile) alla esecuzione di tutte le gestualità.
Su quel campo ho potuto assistere ad alcune delle cose migliori di tutta la mia (ormai abbastanza lunga) esperienza rugbistica e senza dubbio ho potuto ammirare trenta delle migliori atlete che avessi mai visto su un unico campo.
Ricordo bene che, masticando il sapore forte di una birra scura ed un po’ perso in quel turbine di emozioni che solo il cielo d’Irlanda sa regalare mi sono immaginato una mamma. No. Non la mia, che ormai al rugby si è rassegnata (e sotto sotto forse anche un po’ appassionata), ma la mamma di tutte quelle bambine che mi trovo davanti con lo sguardo crucciato quando vado nelle scuole ad insegnare il rugby solo alle bambine. Davanti a questa immagine mi sono chiesto:
“Perchè non vuoi che tua figlia giochi?”
A mio parere non sei tu “mamma” a dover decidere, lascia che tua figlia scelga quello che le piace. La decisione dovrebbe essere sua e di nessun altro.
Io sono fortunato, ho imparato ad amare il rugby femminile ed a rispettarlo in maniera assoluta. Ma in fondo è poi così difficile? No. Mi è bastato poco per capire la determinazione che le ragazze mettono sul campo e con buona pace dei rugbisti maschi, molto spesso le ragazze lavorano e si impegnano il doppio di loro.
La squadra di rugby femminile a Richmond (giusto per fare un esempio) una delle migliori dell’intera Inghilterra (ma dilettantisctica, pur partecipando al massimo campionto inglese) si allena senza percepire una sterlina cinque volte alla settimana.
Quanti club maschili di Serie A in Italia fanno questo?
Se è vero che (secondo le stime del CIO) il rugby femminile è lo sport che sta vivendo la crescita più rapida negli ultimi cinque anni, allora è finalmente tempo che le ragazze possano ottenere il rispetto che meritano.