Certo che se questa partita la vinciamo abbiamo fatto un bel numero. No, non fraintendete. Abbiamo fatto di tutto per non vincerla, finora. Non abbiamo infierito quando l’avversario stava mostrando il fianco, non abbiamo concretizzato quando ci siamo dati una mossa, abbiamo gettato al vento qualsiasi possesso. Siamo più forti e non riusciamo a dimostrarlo, e la cosa mi fa parecchio incazzare. Se la vinciamo ora, all’ultimo possesso e con loro in vantaggio, con tutti i disastri che abbiamo combinato faremmo comunque un bel numero.
E poi c’è quel numero 10. I miei compagni mi avevano detto che era forte, tanto più forte della media, ma mica pensavo così. Se non gli fosse successo quel che gli è successo non sarebbe qui nemmeno in vacanza. McKinley, si chiama. Per un tempo ha preso per mano tutti i suoi compagni e li ha tenuti a galla. Ce l’avevamo anche noi un’apertura del genere. Quanto ci manca Aristide. Giocava semplice, misurato, ma sembrava avesse un radar. Per ovviare alla sua assenza la dirigenza ha acquistato Trent Renata, un fenomeno da giovane, un lusso per questo livello, ma non più quello di un tempo.
Sono una buona squadra loro eh, per carità, ma noi sulla carta siamo più forti. È che quella carta, ogni tanto, bisogna pure vergarla, e noi finora l’abbiamo fatto poco. Bisognava ammazzarla prima, questa partita, almeno ci saremmo evitati questo ultimo serrate sui 5 metri avversari. O forse l’avremmo fatto lo stesso, ma per arrotondare il risultato, per mettere a posto il punteggio. Con molta meno pressione, insomma. Così è dura, perché loro si sono accorti che ce la possono fare. È dura battere chi è stato a centimetri dal baratro e ora ha il coltello dalla parte del manico. È dura se Trent, mi serve palla al largo. Cavolo, non qui, siamo in due, di cui uno parecchio a ridosso della linea di touche, basta una spinta. In due contro due avversari schierati bene. Uno dei due, tra l’altro, è McKinley, che quella linea di difesa l’ha messa a posto parecchie volte, nel corso del match. L’altro è un’ala, se non sbaglio. Io? Centoventi chili di pilone figiano, più di un quintale di muscoli e ossa che da queste parti, forse, non avete ancora visto del tutto. Mi chiamo Taniela Koroi, facciamo Dan e siamo a posto. C’è una bella serie di battute, alcune molto divertenti, sui piloni isolani. Tongani, samoani, figiani. Soprattutto su noi figiani. La mia preferita è quella secondo cui essere un pilone figiano è come essere un portiere brasiliano: lo fai, ma non lo vorresti fare per davvero. Vorresti fare altro, con quel pallone. È vera, cavolo se è vera. Prendete me, per esempio: io in mischia faccio il mio, spingo e ogni tanto metto in croce qualcuno, ma mi piace correre. Prendere quell’ovale in mano e correre. Magari dopo un paio di finte ben fatte. Volete mettere, ragazzi? Un pilone che fugge fa sempre ridere chi è fuori dal campo, ma fa sempre piangere l’avversario che se lo ritrova davanti, il più delle volte perché non sa proprio dove appigliarsi per tirarci giù dalle spese. Sì, a me piace correre. A noi figiani piace correre, è che per non farci dominare troppo ogni tanto ci fanno fare una mischia, e allora giù di battute su noi piloni.
Sono arrivato in Italia dopo il Mondiale, ho giocato tre volte con la mia Nazionale, ma avevo bisogno di nuovi stimoli. L’Europa, mi dissi, potrebbe essere la meta giusta. Mi aveva cercato qualche squadra inglese, ma scelsi Mogliano, che milita nel massimo campionato italiano. A un tiro di schioppo da qui, a San Donà, gioca mio fratello Joketani, seconda linea. Ci siamo affrontati nella prima giornata, era la nostra prima volta da avversari. Mi piace giocare qui, anche se voi italiani, ogni tanto, pensate che la mischia sia quasi una cosa a sé. Che noi avanti, e noi piloni per primi, per essere veramente buoni dobbiamo essere necessariamente dei tori in mischia chiusa, poi per il resto si vede. Ne ho sentiti parecchi, di amici passati dalle vostre parti. Certi allenatori si incazzavano come iene. Oh, uno si è incazzato con la sua apertura sudafricana perché non calciava più il pallone a 60 metri come gli aveva visto fare a casa sua. Nessuno, mi disse, seppe spiegargli che 2000 metri di altitudine di differenza devono essere messi in conto. Questa però è un’altra storia. Qua, secondo me, vi tengono segreto il vero superpotere di noi piloni. Ve lo svelo? Siete pronti?
I piloni sanno volare. A modo loro, in barba a scienza, leggi della dinamica e allenatori vecchio stampo.
E quando librano le ali il mondo sembra meno cattivo.
Io la penso così e, quando posso, tutto il mio pensiero ovale lo faccio scivolare giù fino alle gambe. Ho trovato un allenatore che mi ha dato carta bianca e via, quando posso guadagno metri. L’ho fatto tutte le volte che potevo, negli ultimi ottanta minuti. E da tutte le posizioni possibili. Abbiamo segnato due mete nel primo tempo, ma non abbiamo mai veramente affondato il coltello. Loro, invece, hanno fatto le formichine: tre punti alla volta, poi McKinley attacca la linea sul lato chiuso e serve il più veloce dei suoi, Souare, che è stato pure convocato dalle Zebre. A fine primo tempo siamo sotto di due punti, bisogna cambiare passo.
E lo cambiamo, non si può dire di no. Teniamo palla, li facciamo correre e sudare, ma manca sempre il classico centesimo per arrivare al dollaro. Alessandro ci porta in vantaggio con un calcio, sembra che si metta bene. Succede, però, che loro tengono botta. A volte alla disperata, a volte in modo disordinato, ma rimangono lì. E indovinate cosa succede la prima volta che loro si affacciano nella nostra metà campo?
Fallo nostro, pali. E McKinley fa centro. Sono ancora avanti loro e mancano due minuti, forse meno.
Certo che se questa partita la vinciamo abbiamo fatto un bel numero.
Ripartiamo, ci riportiamo subito sui 5 metri avversari. Il cronometro corre, corre tantissimo. E quelli tengono. Sono sfiniti, ma ancora tengono. Bisognava ammazzarla prima, questa partita, almeno ci saremmo evitati questo ultimo serrate sui 5 metri avversari. O forse l’avremmo fatto lo stesso, ma per arrotondare il risultato, per mettere a posto il punteggio. Con molta meno pressione, insomma. Trent allarga il gioco, ma forse fa male i conti. Certo, siamo in superiorità numerica, siamo in tre contro due, ma non è così semplice. Ci siamo io, pilone di 120 chili a cui piace correre ma che non ha mai avuto in dote uno scatto secco, Michael Van Vuuren, seconda linea, che si è fatto ottanta minuti a sgobbare come un mulo nei raggruppamenti. Facendo un lavoro fantastico, lavoro che però ti lascia in dote delle gambe alquanto impastate. E Andrea Buondonno, ala, schierato forse troppo largo. Basterebbe poco per buttarlo fuori, e credo che questo sia il piano A della difesa del Viadana in caso il pallone arrivasse a lui. Il Viadana è rimasto con due uomini, il primo è McKinley. È clamorosamente preparato anche in difesa, placca qualsiasi cosa. Certo che peso di più, certo che potrei andargli addosso, ma con il poco abbrivio a mia disposizione non so quanto riuscirei ad andare oltre.
Sono messi bene, nella loro inferiorità.
E allora serve qualcosa di completamente diverso.
L’ovale lo ricevo io, e da qui sfrutto tutto ciò che ho imparato a casa mia. La corsa libera, per esempio, quella che fa vincere a mani basse nel Seven, per intenderci. Il colpo d’occhio, e lì serve necessariamente una buona spalla. Van Vuuren, per quanto stanco, lo è. Mi corre all’interno, io finto il passaggio.
Ian McKinley abbocca e resta fermo. Eccolo, quello è il momento.
E corro. Volo.
Quello è un fenomeno, ma non può avere quel tipo di riflessi.
C’è cascato anche il secondo uomo di Viadana, mi tuffo.
Meta, la partita è nostra.
Non sono più a Mogliano da un paio di anni. Sono andato in Inghilterra, ai London Scottish, poi sono tornato in Nuova Zelanda e ho giocato ancora con la mia Nazionale. Esperienze diverse, livelli diversi, culture diverse. Qualcuno ha caricato su Youtube quella mia meta, con tanto di risate dei telecronisti, che proprio non se l’aspettavano. Mica era per prendermi in giro, erano solo piacevolmente sorpresi.
Forse avevano capito pure loro che quando ci moviamo noi il mondo sa essere più bello.
Svelatelo al mondo, questo segreto. E mettetelo in pratica quando potete.
Parola di Taniela Dan Koroi, figiano volante.
Pardon, pilone volante.