Era già da un po’ di tempo che l’argomento “allenatori di rugby” rimbalzava da una parte all’altra della mia testa (che essendo vuota permette di vagare e rimbalzare alla grande), poi un’intervista rilasciata da Cavinato mi ha spinto ad andare fino in fondo.
Andrea Cavinato ha ragione quando
dice che in Italia ci sono ottimi allenatori e che una società, dalla under 18
in poi debba avere uno staff tecnico completo, con allenatori per mischia, tre
quarti eccetera eccetera.
Uno staff così completo, necessita di tecnici specializzati, competenti ed
esperti.
Questa verità, però, mal si sposa con una realtà che prevede in tutte le categorie (eccezion fatta, forse, dalla serie A a salire) tecnici “volontari” ossia che fanno il tutto gratuitamente o con un minimo rimborso spese.
Volendo fare una media un tecnico non professionista di rugby si porta a casa, mensilmente, un rimborso di circa 250 euro per nove o dieci mensilità a seconda degli accordi presi con la società con cui collabora.
Anche questo è tutto incredibilmente giusto, il volontariato è parte integrante del nostro sport, da sempre la passione ci porta sul campo ed è impensabile un movimento privo di questo tipo di struttura basato su tecnici professionisti perché insostenibile per, credo, il 90% delle associazioni sportive di rugby italiane.
Però ecco qui il cane che si morde la coda.
Perché se come dice Cavinato di tecnici bravi ce ne sono,
con esperienza, con risultati effettivi del lavoro svolto (e no, non intendo
aver vinto il torneo di Padova con l’under 10), perché questi devono essere
rimborsati con il minimo indispensabile prescindendo dalla loro
professionalità?
Ma, allo stesso tempo, come fa una società che va avanti grazie alle quote dei
ragazzi a permettersi uno staff di qualità se deve “pagarlo” anziché semplicemente
rimborsarlo?
E ancora, come può un giovane allenatore essere stimolato a crescere nel
proprio lavoro senza sicurezze economiche e lavorative? (contributi, ferie e
tutto ciò che concerne l’aspetto lavorativo).
Quante volte è capitato ad un allenatore di sentire frasi del tipo: “guarda noi
di base diamo 100 euro di rimborso mensile, aumentando di 50 euro a seconda
dell’esperienza, quindi avevamo pensato visto il tuo curriculum sportivo di
darti 200 euro al mese, ci rendiamo conto che è poco ma non possiamo fare diversamente
altrimenti non arriviamo a fine anno”.
La domanda è: chi ha ragione e chi ha torto? La società che giustamente lotta ogni anno per sopravvivere che vuole offrire la migliore scelta tecnica possibile per i suoi ragazzi o l’allenatore che rimane basito davanti una realtà che vede la sua professionalità valutata esclusivamente (e anche poco) solo in base alle ore di lavoro svolte senza considerare capacità, esperienza e preparazione livellando totalmente la categoria.
La risposta non è semplice, però dopo 15 anni di panchine in tutte le diverse categorie, dal minirugby alla seniores, credo che qualcosa vada fatto per fermare questo cane che continua a girare su stesso per mordersi la coda e dargli magari un osso(o permettere alle società di poter avere un osso).