Dal sito degli Eagles Rugby:

Mi manca quella strana sensazione che mi avvolgeva il giorno prima di una partita…mi manca sentire il rumore dei tacchetti negli spogliatoi…mi manca far parte di una squadra e lottare insieme a loro…mi manca sudare,ridere,gioire e soffrire con i miei fratelli…Mi manca sapere che loro sono con te nel campo come nella vita…Mi manca guardarli negli occhi e sapere che ad ogni metro conquistato saranno al mio fianco!”. Cosi esordisce Buonincontro Giuseppe (in alto a destra della foto), 22 anni di Acerra, alla sua prima intervista da ‘non tesserato’, ragazzo di poche parole, ma che colpiscono con efficacia. “Ho sempre visto questo sport come la massima forma di correttezza, lealtà e sportività, ma a quanto pare tutt’oggi questi valori lentamente stanno scomparendo dal rugby, soprattutto quello in Campania, sport considerato da me incontaminato.” Ecco quanto dichiarato in un primo momento dall’atleta, che prosegue: “Ora, per disguidi ed incomprensioni con la mia vecchia società, l’Afragola Rugby, colpe che riconosco essere state anche mie e me ne assumo le responsabilità, mi vedo NEGATO il DIRITTO di poter scendere in campo con gli Eagles Rugby, diritto che credo, soprattutto a questi livelli, non possa essere negato mai a nessuno. Pratico questo sport oramai da dieci anni e mai mi era capitato di trovarmi in una spiacevole situazione come questa che sto vivendo da mesi oramai”. Si riesce subito a captare quanta amarezza è insita nel giocatore “ex scuola Luigi Rea” che continua – “nella mia stessa situazione si ritrovano anche gli amici di sempre e mio fratello Federico Buonincontro (in alto a sinistra della foto); tutti ragazzi d’età compresa tra i 21 e 23 anni. Al di là di tutto, penso sia futile fermare dei ragazzi che hanno voglia di giocare e di confrontarsi con altre realtà rugbistiche. Devo parecchio a questo sport ed a tutti coloro che lo hanno incentivato affinché lo praticassi, soprattutto lo devo alla mia famiglia, che non ha mai ostacolato questa mia passione e non vorrei dare, in primis, a loro una delusione dicendo che tutti i loro sacrifici sono andati al vento, non vorrei MAI terminare di praticare questo sport per motivi legati al mio tesseramento”. Dopo aver tirato un lungo sospiro, la giovane apertura acerrana continua: “Vorrei citare delle parole di Matteo Mazzantini, ex giocatore della Nazionale di Rugby, parole per me molto significative poiché parla del mio ruolo: ‘se il mediano di apertura sceglie la tattica e comanda il gioco, il mediano di mischia detta il ritmo. E` come se il primo scrivesse le note sul pentagramma, e l`altro dirigesse l`orchestra’! Questa frase è piena di parole nelle quali io credo, non capita tutti i giorni che due fratelli, due persone con lo stesso sangue nelle vene, giochino in questi due ruoli; io e Federico, mio fratello, lo siamo, ma non possiamo metterlo in pratica sui campi per colpa della dirigenza dell’Afragola che non vuole rilasciare i nostri cartellini!”.

Così come non possono metterlo in pratica altri due fratelli della palla ovale campana; Marco ed Alessio Venuso (nella foto in basso rispettivamente a come annunciati). “Abbiamo iniziato nella Partenope Rugby la nostra storia rugbistica – afferma Alessio – io a 16 anni e mio fratello Marco a 18. Abbiamo imparato i valori di questo sport e tutti i giorni della nostra vita cerchiamo , al meglio, di metterli in pratica fuori e dentro al rettangolo da gioco. Ci troviamo in una situazione quest’anno molto spiacevole, mai capitata prima e sinceramente non sappiamo più cosa e come fare per poter giocare liberamente a questo sport, soprattutto giocare in una squadra che dista a soli 5 minuti da casa nostra: dateci i nostri cartellini!”. Appaiono subito molto arrabbiati i fratelli Venuso, a differenza della calma apparente dei Buonincontro, cerchiamo di offrire loro una bevanda e di farli calmare prima di continuare. “Abbiamo giocato, se così si può definire giocare un paio di partite, il nostro ultimo campionato con l’Avellino Rugby – afferma Marco – poiché era una società che distava pochi chilometri da casa nostra, nel momento in cui siamo venuti a conoscenza della nascita degli Eagles nel nostro territorio, abbiamo fatto richiesta esplicita di nulla osta all’Avellino per motivi logistici e ci è stata NEGATA; io e mio fratello non abbiamo un lavoro stabile e la vecchia società non ci rimborsava le ‘trasferte’ e nemmeno le pretendevamo, sappiamo benissimo che questo sport ha le sue difficoltà nel farsi spazio in un mondo dove il calcio ha sempre più potere. La nostra passione per la palla ovale ci ha portato a dover fare delle scelte, facendo sacrificare i nostri genitori, a volte, oltre le loro capacità economiche, non vogliamo dare il dispiacere nel tornare a casa dicendo che smettiamo di giocare per 18 mesi poiché non vogliono liberare i nostri cartellini. Ho sentito – riprende Alessio – che addirittura ci sia un problema vincolato ad una ‘formazione economica’. Ricordo benissimo che io e mio fratello nell’andare a giocare con l’Avellino abbiamo portato i nostri nulla osta alla dirigenza; loro non hanno fatto nessuna richiesta scritta alla Partenope e quest’ultima non ha percepito un centesimo per la nostra formazione. Ora, visto che si è sempre usato il buon senso e non si sono mai chiesti dei soldi per questo sport, perché ci costringono ad andare davanti ad un Giudice Sportivo?Qual’é la verità a riguardo di tutto ciò?Se sono, così come si definiscono loro sui loro siti internet, degli uomini di rugby, perché non lasciate che dei ragazzi a vent’anni decidano dove e come giocare?Perché lasciate che questo sport s’infanghi nel nome del ‘Dio danaro’?Vogliamo delle risposte ora e delle risposte concrete!”. Entrambe le coppie di fratelli lamentano, infatti, che sulle loro identità sportive si stiano facendo delle inutili speculazioni, non per niente, nel rugby, sport per uomini d’onore e di rispetto agonistico, non si è mai parlato di ‘rugby-mercato’ ed i giocatori , soprattutto se si tratta di categorie minori come la C in questione, non vengono retribuiti, anzi, in molti casi sono gli stessi giocatori che si autofinanziano pagandosi visite mediche sportive, fisioterapisti, palestra, completino da gara, attrezzature da gioco, palloni, divise di rappresentanza e trasferte con mezzi propri, oltre a far preparare, dalle loro rispettive famiglie, pranzi succulenti per onorare l’avversario nel famoso terzo tempo. “Credo che la questione sia nata per fare un dispetto alla nuova società – ribadisce Marco – poiché qualcuno pensa che siamo andati tutti a Cimitile poiché o costretti o per vedere qualche club andare verso il baratro: a queste persone dico che forse dovrebbero passarsi la mano sulla coscienza, la rovina del rugby in Campania sono loro, non certo tutti i ragazzi e la società Eagles Rugby”. Cerchiamo di capirci chiaro, con calma, ci facciamo spiegare realmente le cose come stanno, anche per chi ci legge. “Ok, un altro motivo – riprende Alessio –  del perché siamo andati via da Avellino è il fatto che agli allenamenti eravamo sempre le stesse persone, sempre gli stessi ed in maggioranza quelli che venivano da Napoli e pochi quelli residenti nel loro territorio, alla fine io e Marco eravamo stanchi di questa situazione perché non c’era il gruppo e la domenica si perdevano le partite perché non ci allenavamo tutti insieme, perché non ci conoscevamo, e non perché un mister è meglio dell’altro”. In queste dichiarazioni annuisce anche il fratello Marco, seppur lontano dai campi poiché in servizio militare. “Mio fratello non dice falsità – afferma Marco – chi scrive o dice il contrario è giustamente per tirare l’acqua al proprio mulino. Abbiamo trovato a Cimitile un clima diverso ed un gruppo folto di ragazzi, umili e pieni di voglia di fare del sano rugby, ma giustamente, come diceva Giuseppe prima, siamo in maggioranza quelli bloccati dalla questione tesseramento e vogliamo con questa intervista che qualcuno ai ‘piani alti’ della Federazione apra le orecchie e gli occhi su quello che sta succedendo tra queste società, che credo, a questo punto, sia solo un ripiego verso gli Eagles Rugby, visto che ad altri atleti viene rilasciato il nulla osta senza indennizzo”. “Solo un altro giocatore di rugby – riprende Giuseppe Buonincontro – potrebbe davvero capire fino in fondo cosa si prova a stare fermi per mesi. È un bisogno che non conosce cure, un’urgenza difficile da descrivere”. “Siamo ragazzi disposti a mettere questo sport al primo posto nella nostra vita – finalmente si sente anche la voce timida di Federico – disposti a impegnarci e talvolta sacrificarci per ottenere modesti risultati. Consideriamo la palla ovale il nostro credo, e in qualità di compagni di squadra ci sentiamo una famiglia. Tutto questo è merito del rugby, sport al quale non abbiamo intenzione di rinunciare. Ed è per questo, per quello che proviamo e per quello che ci manca, che chiediamo di ascoltarci, di capirci e soprattutto di permetterci di ritornare ad essere giocatori di rugby. Mettete da parte i disaccordi – continua Federico – e lasciate che siano le vostre anime di rugbisti a riprendere il sopravvento, questa è la nostra unica richiesta: fateci GIOCARE AL RUGBY! Vogliamo che la nostra voce giunga ovunque, in qualsiasi campo, spogliatoio e nel cuore di tutti gli amanti della palla ovale! Per vari motivi siamo stati privati di questo VIVERE e noi, prima o poi, ce lo riprenderemo!”.

È necessario comprendere e rispettare ciò che chiedono questi ragazzi, come lo hanno chiesto ed ottenuto da mister Luigi Rea i ragazzi che hanno dato vita negli anni passati ai Briganti Project e che ora vestono la maglia degli Eagles Rugby. Ai fratelli intervistati si aggregano altri giocatori provenienti dall’Afragola Rugby e dall’Avellino Rugby che vogliamo citare: Daniele De Luca, Venanzio Pepe, Pietro Paolo Perrotta, Luigi Sposito, Alessio Barca, Danilo Allocca, Mario Del Mastro, Marcantonio Caputo, Alfonso Scotti, Felice Covone ed Andrea Nastri, affinché la loro forza d’animo e la loro tenacia siano elementi necessari per raggiungere la meta della loro vita. Il nostro compito, come quello di tutti i media, è quello di dar voce alla loro voce, di far in modo che qualcuno spieghi a tutti noi il perché non possono decidere dove giocare, con chi giocare e come giocare senza che si arrivi ad un organo di competenza giuridico. Seppure fosse questa l’unica soluzione, sarebbe il primo caso in Campania e sarebbe anche il duro responso a favore di chi sta uccidendo, con questi appigli inutili, uno sport senza macchia. Il nostro augurio, ad unisono con i cori di protesta e rabbia dei ragazzi che si sono autodefiniti “non tesserabili”, è che qualcuno al più presto metta la parola fine a questa assurda commedia, approfittando anche di questa pausa di campionato.