Tra meno di due settimane si svolgeranno le elezioni FIR per la carica di presidente della federazione.
Mettiamo subito le cose in chiaro. Se pensate che in questo articolo si prendano le parti di un qualche candidato o si parli male di qualcun altro vi state sbagliando.
Oggi voglio mettermi nei panni di un presidente che dovrà scegliere il futuro del suo club e di tutto il movimento.
Ma a che punto siamo?
Siamo al punto che la battaglia politica si è totalmente spostata dal campo alla bagarre generale, dove infangare l’avversario è più importante del programma. Siamo alla gara degli insulti, roba da prima elementare: tu sei brutto, pappappero, specchio riflesso per sempre.
E se fossi un presidente come farei a scegliere? Solo in base ai programmi scritti?
A così poca distanza dal voto vorrei qualcuno che mi dicesse come mi devo comportare dal 14 marzo, cosa sarà dei giovani di interesse nazionale fermati dal covid, come recuperare i tanti tesserati che si sono allontanati dai club, come evolverà la struttura del seven e come riprenderà il campionato femminle, per citare alcuni temi caldi.
No, il programma non basta: Guzzanti che imitava Venditti diceva “so boni tutti a mettece na scritta.”
Di piani concreti di attuazione ne vedo pochi. Dove saremo tra un anno, e tra tre? Dove prendiamo le risorse per attuare i programmi? Abbiamo bisogno di certezze e le continue lotte a suon di comunicati stampa e accuse personali mi fanno dubitare, parecchio, riguardo il destino del nostro movimento e, soprattutto, che si cambi o meno, di un’evoluzione rispetto alla nostra situazione attuale.
Se fossi un presidente, ad oggi, alle elezioni mi sentirei come Pasquale Ametrano al voto