E il rugby a sette italiano dov’è finito? La disciplina, nel corso degli ultimi anni, ha dimostrato dei miglioramenti (piccoli o grandi ci sono stati), questo è sicuro. Gli altri (parliamo di nazioni), tuttavia, ne hanno messi in mostra di più e questo ci ha, di fatto, penalizzati e lasciati invischiati inevitabilmente molto indietro. Il problema maggiore? Qui da noi si pensa ancora di prendere un buon rugbista a XV e dirgli, così dall’oggi al domani: “da ora in poi giochi a seven”. Forse la cosa più sbagliata da fare. Perché? Semplice: se rugby a XV e rugby a XIII sono due discipline differenti, anche il Seven è da considerarsi tale. Certo con regole più affini all’Union, ma la formazione dell’atleta è sostanzialmente diversa e deve seguire un percorso proprio sia atletico che di skills. Analizzato questo contesto è facile dire “l’Italseven perde sempre”, ma pensiamo al fatto che molte (se non tutte) le altre nazionale hanno un gruppo di atleti che è specializzato in quella disciplina, sostenuto (anche economicamente)dalla Federazione che gli permette di crescere all’interno di un movimento di rugby a sette, fatto di tornei nazionali ed internazionali. E da noi? C’è il sempreverde torneo Universitario, c’era il Roma Seven, il torneo di Milano, l’Arena Sevens, il Sevenice, il Romagna 7s, il Brixia Seven più un intrigato circuito di tornei organizzati da appassionati ed amanti della disciplina. Tutto, bellissimo. Ma, forse è dico forse, sarebbe il momento giusto per rilanciare un vero e proprio circuito italiano di tornei che, unito, possa permettere agli appassionati di giocare e agli amanti della disciplina di competere in un vero e proprio campionato nazionale. Questo a cosa potrebbe servire? A costruire veri e propri team dedicati al rugby a sette, a dare la possibilità ai giocatori d’interesse di crescere in un contesto competitivo e agli allenatori nazionali di osservare gli atleti italiani giocare con continuità in un circuito casalingo che potrà, con l’andare degli anni, formare in vista delle attività internazionali. Secondo me il momento è quello giusto per fare un ragionamento serio e costruttivo in merito. La voglia si rugby a sette in Italia c’è e i tre tifosi pure. Forse sarebbe il caso di dargli la possibilità di competere in un vero e proprio campionato italiano per club. Una provocazione di poche righe per una disciplina che merita un movimento tutto suo e che guarda alla costituzione di un’Italseven sempre piu competitiva.
E il rugby a sette italiano dov’è finito?
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