Avete mai provato ad andare a leggere il giornale nei così detti “bar sport di paese”? Avete mai provato ad entrarvi e senza farvi notare, osservare cosa succede tutt’intorno a voi? Bhè…se siete interessati a capire come va realmente il mondo ve lo consiglio.
Nella piccola cittadina dove vivevo ce n’era uno e di norma, il sabato mattina ci andavo per osservare ed ascoltare. In quell’anno la squadra di rugby della città andava molto bene e io, nonostante fossi il più giovane, giocavo titolare quasi tutte le partite. Così entrare nel “bar sport” della piazza destabilizzava tutti i suoi “normali abitanti”, perché un vero e proprio sportivo li non si era quasi mai visto. Questo sentimento di malessere durava pochi istanti, poi tutto riprendeva come sempre e la mia figura quasi scompariva. La prima volta che ci sono entrato avevo all’incirca 18 anni e, ingenuo, ho ordinato un caffè; il banconiere mi ha guardato infastidito e me l’ha servito tra lo stupore generale. Una volta ricevuta la mia tazzina di fragrante caffè, mi sono guardato attorno e tutti erano provvisti di “tagli”(un bicchiere più tozzo, usato per lo più nelle osterie) di vino rosso o bianco, forse e dico forse era la prima volta che il proprietario serviva qualcosa che non fosse di media gradazione alcolica…
Superato questo primo momento di difficoltà, la mia persona è stata quasi messa da parte: la realtà di un bar sport la si potrebbe definire un società a sé stante, con le sue regole, i suoi riti e, soprattutto le sue leggi. In quell’occasione mi riproposi di capire come funzionava. Il banconiere/proprietario era quello che coordinava un po’ tutto, oltre a servire gli alcolici, era diciamo il mediatore di tutte le discussioni, colui che in caso di toni troppo alti interveniva oppure proponeva argomenti su cui discutere. Il “silenzioso da bancone” era il vecchio, normalmente nascosto da dei folti baffi, che non parlava mai, ma partecipava a tutte le discussioni. Famose erano le sue espressioni di disapprovazione, soprattutto in ambito sportivo. Poi c’erano i “ricconi”, ovvero quelli che seduti al tavolo (per questo ricconi) bevevano non un taglio, ma un quartino di vino, accompagnato da una tartina (a qualsiasi ora del giorno). E poi c’erano gli sportivi. Di norma dei gran appassionati di ogni tipo di sport, che sapevano tutto ed erano preparatissimi. Ascoltando certe conversazioni mi sono davvero domandato il perché non allenassero loro la squadra, forse e dico forse avrebbero ottenuto gli stessi risultati. In quella stagione, poi, il rugby era sulla bocca di tutti: c’era chi sosteneva di dover giocare più con la mischia e chi più con i tre quarti, chi voleva più rilanci veloci e chi più carrettini. Insomma in soli venti minuti avevano fatto un’analisi dettagliata e precisa della nostra squadra. In tutto questo, chiaramente, la mia presenza non era stata presa in considerazione: loro continuavano a proporre, insultare amichevolmente (nemmeno troppo) e ideare nuove giocate. Per tutta quella, oramai lontana stagione mi sono recato il sabato mattina a bere il solito caffè e per 9 lunghi mesi ho osservato e tentato di capire questo “piccolo ecosistema” chiamato bar sport. Tra gli sportivi del bar il rugby aveva attecchito a tal punto che la domenica si recavano addirittura allo stadio: arrivavano verso le otto di mattina per osservare le partite giovanili, segnalare le future promesse del rugby continentale e chi, nonostante il talento, non ce l’avrebbe fatta. Poi tra un “terzo tempo e l’altro” si rifocillavano e si soffermavano fino alla tanto attesa partita seniores. Li tutti armati di coppola e giacca lunga se ne stavano normalmente nel lato sud dello stadio, armati di occhiali e buona volontà. Il primo impatto era osservare gli avversari entrare nello stadio e i commenti erano standard: “vedi vedi, questa si che è una squadra. Guardali tutti vestiti uguali, sarà dura oggi”. Oppure “eh vedi che ragazzoni, questi si che giocano con la mischia, ve l’avevo detto io” – “ guarda guarda, quello non è Il Brunetti, quello che giocava in serie A. Oggi si perde”. Poi c’era il momento di criticare il riscaldamento di entrambe le squadre, troppo antiquato e poco votato all’esplosività ed infine iniziava l’incontro (tutto questo accompagnato in inverno da del vin brulè, portato direttamente dal bar sport e in estate da del prosecco fresco al punto giusto). Mi pare ancora di vederli con i loro cappelli, che discutono e animano gli spalti e il tifo. Non li ho mai conosciuti di persona, ma sono stati la degna rappresentanza del bar sport per lunghe stagioni a venire.