Ricevo e pubblico, ringraziando l’anonima mamma anche a nome dell’anonimo rugbista.
Uffa!!!! Adesso ricomincia: ”io voglio andare a giocare a rugby!!”. “Ma come facciamo??? E’ lontano! Mamma torna tardi dall’ufficio e papà fa i turni! Chi ti ci accompagna? Lo sai che il campo più vicino sta a15 chilometri!. E lui. ”io ci voglio a n d a r e!!! Voglio imparare a giocare a rugby!!! Perché a mia sorella avete fatto fare quello che voleva e a me la piscina? Io voglio giocare a rugby!!! Guarda che se non mi ci porti, io smetto di studiare, capito?”. “E si, certo, perché studi tanto tu! Smetti pure così abbiamo fatto tombola!”.
Il padre ci guarda, ci ascolta e non dice una parola … mhhhh … non mi piace …
Il giorno dopo: “Mamma, papà ha trovato un posto dove posso andare a giocare a rugby! “ Adesso sono io che li guardo, ma non ho tanta intenzione di ascoltarli. Guardo il padre: ”????????” e lui: “ma dai, ci va anche il figlio del collega, è qui vicino, ce lo porto io! Quando faccio il turno di mattina ce lo posso portare! Magari due volte a settimana, qualche volta una, non ti preoccupare! Non impegnerà te, ce lo porto io!”. (E’ inutile dirvi che invece la cosa mi impegnò parecchio, l’avevate già capito, vero?)
Il sabato sono pronti, tutto eccitato il piccoletto. Li guardo e decido che ci voglio andare pure io. Voglio vederci chiaro! Il mio povero piccolo! Prenderà un sacco di botte, me lo sbatteranno per terra, gli faranno venire le orecchie a sottiletta! E poi gli insegneranno a bere!!! Tutti i rugbysti bevono la birra!!! E poi sarà sbattuto su un campo pieno di fango, si sporcherà tutto, tutti quei germi, gli passeranno la bottiglietta dell’acqua dove ha già bevuto un altro (orrore!) e poi quando dovrà soffiare il naso come farà? E gli spogliatoi? Saranno puliti? E le docce? Oh mamma già vedo i germi che camminano in ogni luogo, anche a casa, quando rientrerà con quella borsa piena di cose sporche e piene di germi!!! Oh no!!! Meglio che vado a vedere se il posto è pulito!!!
Ecco è cominciato tutto così!!!! Tanta la paura, la fatica, la lotta contro i germi (mia), tanta la felicità (del piccoletto) tanto l’orgoglio (del padre). Il tempo passa e il piccoletto continua a giocare a cresce. Cresce fuori (tanto) e cresce (ancora di più) dentro!
Arriva una domenica in cui si gioca l’ennesima partita del girone. Scendono in campo: c’è quello forte, quello che corre veloce, quello “tecnicamente” più bravo degli altri, quello caciarone che non combina niente e quello caciarone che riesce pure a fare meta. C’è quello timido, quello con la passione del rugby, ma che ancora non ha capito quello che deve fare in campo, quello che comunque qualsiasi cosa fa è fatta bene, insomma sono proprio una squadra.
Fra loro ce ne sta uno che porta sempre (o quasi) la palla in meta. Quella domenica segna per lo meno 5 mete! Era il figlio di tutti!!! Tutti lo incitavamo e tutti eravamo con lui!
Poi succede una cosa: il flanker (così chiamavano il ragazzino che segnava tante mete) parte con la palla (non so esattamente come descrivere l’azione, quindi vado oltre). E’ un’azione lunga, lui parte, lo fermano, la squadra è intorno, lui passa ad altro e così via finché la palla non torna di nuovo a lui.
E’ davanti ai pali, ma proprio davanti, al centro dell’H. Si ferma. E resta lì, fermo! Sugli spalti il gelo!
I ragazzi intorno a lui invece non si scompongono per niente, anche loro lì, fermi, lo guardano, ma non sono stupiti come noi. Da metà campo si vede un ragazzino nostro che inizia a correre verso di lui, corre, corre, corre, ma non arriva mai, e continua a correre … correre … (tipo Holly and Benji, azioni che sembrano durare minuti ed invece sono attimi) … arriva … finalmente il ragazzino arriva, gli è vicino. Il flanker si gira, lo guarda e gli passa l’ovale! Il ragazzino fa meta!
Meta! Ma non era una meta come le altre! Era la prima meta di quel ragazzino che giocava già da qualche anno ,ma non aveva mai avuto la soddisfazione di fare una meta durante una partita di campionato!
Beh, nel silenzio assordante degli spalti è partito un applauso grande, grande, grande e ancora di più, di più, di più! E con l’applauso sono partite le lacrime delle mamme! Di tutte le mamme (ma anche di qualche papà, a dire il vero)!
E’ stata un’emozione grandissima, indescrivibile, bellissima, una felicità per quel ragazzino che per noi tutti genitori era qualche cosa di più! La sua prima meta vera, che dava punti alla sua squadra, lui che a volte non era nemmeno stato convocato, aveva finalmente fatto la sua prima vera meta!
Fu eletto “man of the match” e fu portato a spalla dai compagni! L’altro, il flanker, era solo colui che lo portava, lo sherpa!
Beh, quel giorno ho capito che mio figlio aveva ragione, che se mi fossi opposta al suo desiderio di giocare a rugby gli avrei negato la possibilità di crescere con la consapevolezza che da soli non si va da nessuna parte, ma che con l’aiuto degli altri (ed aiutando gli altri) si può realizzare tutto! Devo dare atto alla “goccia cinese” (come è chiamato amorevolmente a casa nostra) che ogni tanto ci prende pure lui!!! A bientôt!!!