L’allenatrice U6 e U8 ci racconta il suo percorso e cosa significa Rugby per il suo vissuto.


Cosa significa per te allenare per Juvenilia Bagnaria Arsa?
Allenare per me significa mettermi in gioco e uscire fuori dalla mia comfort zone. Non è facile, ma grazie al clima che si vive all’interno di Juvenilia, riesco sempre a trovare un incoraggiamento, una spinta a fare di più e meglio. Una spinta che a volte arriva dai dirigenti o dallo staff che circonda la società, ma molte altre volte arriva proprio dai genitori dei bimbi che alleno.


Perchè Allenare nel mondo del rugby?
Anche se ho scoperto il rugby soltanto finite le superiori, penso che questo sport possa trasmettere molti principi ed essere utile nella vita di tutti i giorni.
Un tema che mi tocca molto è quello dell’inclusione. Mi piace che una delle filosofie del rugby sia quella di accogliere tutti senza escludere nessuno. Tutti in questo sport hanno un compito e tutti sono indispensabili per il raggiungimento di un obiettivo.


Guardando al futuro cosa vorresti ottenere come allenatore?
Vorrei riuscire ad acquisire più sicurezza nelle mie capacità di allenatrice, così da poter sostenere ancora meglio i ragazzi. Inoltre vorrei cercare di trasmettere, partendo dai più piccoli, i principi su cui si basa il rugby, nella speranza che possano sfruttarli nella vita quotidiana.
La soddisfazione più grande da allenatore?
Alleno le categorie Under 6 e Under 8. Penso che la soddisfazione più grande come allenatore sia vedere i bambini arrivare ad allenamento felici e vederli andare via stanchi ma con il sorriso e la voglia di tornare a divertirsi.


Sogno nel cassetto come educatore?
Veder crescere e arrivare in under 16/18 alcuni dei miei giocatori che ho adesso in under 6/8. Sarebbe emozionante sapere di aver contribuito a coltivare la passione per questo sport e di aver fatto parte della loro crescita.


Di cosa ha bisogno attualmente il rugby giovanile?
Penso che il rugby giovanile necessiti di ampliare l’organico allenatori in quanto i bambini che si avvicinano a questo sport sono sempre di più e richiedono sostegno sotto molti punti di vista.


Come si vive questa pandemia da allenatore giovanile?
Allenare in questo periodo non è facile…
I bambini, soprattutto quelli più piccoli, non capiscono la situazione e non riescono a spiegarsi il motivo per cui non possano continuare a placcare o giocare utilizzando il contatto come forma di divertimento. La mancanza di queste cose, porta gli allenamenti ad essere spesso simili ad altri, rischiando di annoiare. La sfida di noi allenatori è quella di pensare continuamente a nuovi giochi e esercizi, che portino alla scoperta del vero gioco del rugby rimanendo fedeli ai protocolli del governo e della federazione.
Sapere però che per molti bambini e ragazzi, venire a rugby, in questo momento, è l’unico modo per svagarsi, mi spinge a reinventarmi per dare sempre di più.