Di Valerio Amodeo

Eccoci a fare due chiacchiere con il capitano dell’Italia Femminile, Silvia Gaudino. Una breve riflessione sul movimento, sull’Italia, sul Sei Nazioni in corso e sul futuro (azzurro)che verrà.

 

Prima giornata del sei nazioni e prima vittoria. La nostra avventura non poteva iniziare nel migliore dei modi. un 13 a 12 che fa ben sperare per le prossime uscite della nazionale. Dove possono arrivare le ragazze dell’italrugby in questa edizione del sei nazioni?

Per questa edizione l’obiettivo minimo che ci siamo fissate è quello di piazzarci al 4° posto. Questo significherebbe anche la qualificazione ai mondiali in programma il prossimo anno in Francia, abbiamo iniziato il torneo nel migliore dei modi, ma ora è già il momento di voltare pagina e pensare alla prossima partita.

Cosa significa essere capitano di una nazionale, in particolare in uno sport come il rugby che porta con se tante emozioni e sensazioni?

Essere il capitano di questa squadra è innanzitutto un onore e una grande gioia, anche se non è cosa da poco. Significa, infatti, prendersi le responsabilità delle scelte durante la partita ed essere un punto di riferimento per la squadra sia in campo, che fuori.

Prima della partita della nazionale maschile sono stati distribuiti i caps ai giocatori. la stessa cosa non è avvenuta per le ragazze che hanno indossato la maglia azzurra. Può questo essere visto come una mancanza nei confronti del movimento femminile? In che modo pensi si possa colmare questa disparità esistente tra il movimento maschile e quello femminile?

Per quanto riguarda i caps, so che si stava lavorando per darli alle azzurre ed ex, quindi credo che a breve arriveranno; magari prima di una nostra partita.
In questi anni ci è stata data l’opportunità di confrontarci con l’alto livello, siamo entrate nel Sei Nazioni e abbiamo fatto molti passi avanti, dobbiamo proseguire per questa strada. Il movimento femminile è in crescita.
Questo anche grazie ai risultati che abbiamo ottenuto in questi anni, non solo come nazionale femminile, ma anche maschile e questo è servito a darci un po’ più di visibilità che è proprio quello che ci manca.
Ci sono ancora molti pregiudizi sul rugby “in rosa”, ma penso sia dovuto al fatto che ancora questo sport non è ben conosciuto nel nostro paese; penso si debba lavorare su questo e alla “base”, andando nelle scuole e facendo molta, moltissima propaganda.

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