la nostra esperienza insegna che la formazione e la crescita della categoria arbitrale, nonché lo sviluppo di uno spirito di gruppo e di una socialità quanto mai opportuna per un ruolo così delicato, passano inevitabilmente per la vita di sezione. Le sezioni sono il cuore del movimento arbitrale: queste, appoggiandosi poi alle società per gli allenamenti sul campo e i rapporti necessari per la comprensione del gioco e delle sue dinamiche, sono il luogo principale per l’accoglienza dei neofiti, per il loro irrobustimento iniziale e per lo sviluppo che consenta loro di fare i primi salti di carriera. Chi ha vissuto l’ambiente stimolante delle sezioni, il confronto con i colleghi più esperti, la vita anche goliardica ma sempre formativa umanamente e tecnicamente è poi andato ad allenarsi nelle società con il gruppo della sua sezione e ha saputo davvero integrarsi con lo sport giocato, per la crescita di tutti. Questo non riguarda solo il nostro sport – alleghiamo copia di un documento dell’associazione di categoria degli arbitri di calcio sul ruolo indiscutibile del lavoro di sezione, dal reclutamento sui campi di periferia alle finali di coppa del mondo. Le sezioni sono irrinunciabili – e la storia del nostro movimento, almeno fino a una decina d’anni fa, ha visto sezioni attive, propositive, il cui lavoro era riconosciuto anche con un sistema premiante che ricadeva positivamente sul reclutamento e la formazione. Da quando la gestione del movimento arbitrale è passata sotto il settore tecnico, delle sezioni non si parla più: si pretende che siano le società a formare e far crescere gli arbitri – ma se persino nello sport più praticato e diffuso nel paese (e forse nel mondo intero) si punta sulle sezioni, non è che chi sostiene questa tesi si sbaglia di grosso?