“Corre l’anno 2020 e mi ritrovo che di anni quasi ne ho 40. E Ambra è il primo presidente donna
(Uhu). Il cielo quasi non si vede più. Si esce con la maschera antigas. Sull’autobus c’è la business class
E per entrare in campo, (uhu), ci vuole il pass (Green)”.

Ok, citando e cambiando (scusa JAx) una famosa (almeno per me) canzone degli Articolo 31, non posso che entrare nello specifico di questo articolo/post/pensiero/racconto. Il 2020, senza usare mezzi termini, è stato davvero un anno di merda. Per il nostro sport, poi, ancora di più. Perchè? Perchè di sì. Tanto ogni sport lo dice, per cui anche noi rimarchiamo questo aspetto. In sostanza cosa ci è mancato di più? Il rugby giocato. Ok e questo lo avevamo capito tutti. Ma secondo me, oltre al gioco, ci sono mancati tanti piccoli aspetti dello sport che, spesso, sottovalutiamo, ma che sono l’essenza vera del perchè amiamo il rugby. Oh, anche andare a sbattere e scattare negli spazi, fare un placcaggio a ribaltare o dare una bella braciolata per me sono fondamentali! Ma ora vi e mi spiego meglio.

Come detto a tutti noi è mancato IL RUGBY GIOCATO. L’ho scritto in grassetto così da rimarcare la mancanza per tutti. Io, tuttavia, andrei un po’ più nello specifico e proverei a sottolineare le altre mancanze ovali.

– Il caffè solitario della mattina della partita;
– La preparazione della borsa la domenica mattina;
– Il dimenticarsi regolarmente qualcosa e il venirlo a scoprire solo una volta seduto in spogliatoio;
– Le “madonne” perchè non puoi usare quei tacchetti versione killer che il tuo arrotino di fiducia ti aveva preparato per la nuova stagione;
– I terzi tempi, in generale;
– Le serate dopo i terzi tempi;
– Le serate, post terzo tempo, per annegare nell’alcool la sconfitta domenicale;
– Le serate, post terzo tempo, per bagnare nell’alcool la vittoria domenicale;
– Le serate, post terzo tempo, per bagnare nell’alcool l’addio al rugby di…;
– Le serate, post terzo tempo, per bagnare nell’alcool l’esordio in seniores di…;
– La doccia in spogliatoio dove, forse, si fanno i discorsi più intellettuali del globo;
– Il silenzio in spogliatoio prima della gara;
– L’attimo in cui prendi consapevolezza della vittoria e il tuo corpo si rilassa;
– Il risveglio del lunedì pieno di botte;
– Il risveglio del martedì più acciaccati che mai;
– L’inizio dell’allenamento del martedì, quando ogni muscolo ti dice di fermarti, ma tu decidi di iniziare a correre;
– Il caldo della doccia dopo un allenamento sotto la pioggia;
– Il cerchio con i compagni di squadra, prima della gara;
– Il discorso del capitano;
– Le lacrime trattenute prima della gara, dopo un discorso motivazionale;
– La birra fresca dopo una vittoria, a maggio, con la promozione/salvezza ottenuta;
– L’organizzazione della festa di fine campionato;
– La cena per organizzare l’organizzazione della festa di fine campionato;
– La griglia dopo la vittoria;
– Gli spostamenti in correira e le risate con la squadra;
– I battesimi, quelli scherzosi;
– Il pranzo in trasferta, prima della gara: pasta scotta, olio o pomodoro, tacchino alla griglia e verdura;
– Il pranzo del pilone prima della gara: insalata fresca, tonno, grana, pomodori secchi, cubetti di montasio, prosciutto, olive verdi e nere, sfilacci di cavallo, funghetti sott’olio, carote, peperoni freschi e melenzane sott’olio. Il tutto accompagnato da un quarto di rosso. Il tutto alle dieci del mattino;
– I problemi personali affrontati con il supporto della squadra;
– Le chiacchiere da spogliatoio;
– Le liti durante il touch;
– Le liti durante il gioco a vuoto;
– Le liti durante lo stretching;
– La voglia di menare il tuo mediano di mischia quando ti chiede serietà alla 139esima mischia, sotto la pioggia, con messa squadra a far da contrappeso;
– I cazziatoni dell’allenatore;
– Le “madonne”dell’allenatore;
– Il discorso motivazionale dell’allenatore;
– La “cenetta”in club house dopo l’allenamento: dalle 4 alle 6 ore di risate e comuni aneddoti sportivi e non;
– La prima fidanzata dell’esordiente;
– La prima rottura dell’esordiente;
– La nave scuola;
– Il silenzio post partita, quando ti sei fermato a pensare in mezzo al campo;
– L’abbraccio dopo una vittoria;
– L’abbraccio dopo una sconfitta;
– I litigi con la morosa/moglie che ti dice: “Scegli o me o il rugby”. E tu finisci sempre ad allenamento;
– Il “questo è il mio ultimo anno” e la stagione dopo sei il primo a tesserarti;
– L’ultima gara di un compagno di squadra. Le lacrime post partita. La festa post partita. Le lacrime post “due birrette” con tutta la squadra.
– Quando conosci il tuo estremo, durante l’ultima gara dell’anno, solo perchè si è avventurato in avanti e vi siete scon trati dopo un fischio dell’arbitro;
– I prufumi esalati dalla borsa, dopo averla dimenticata chiusa per un paio di giorni, dopo una partita giocata sotto la pioggia;
– Le sberle di Dodo, il gestore della club house dopo una sconfitta. Le sberle di Dodo, il gestore della club house, dopo una vittoria. Insomma, le sberle di Dodo.

Tutto questo e molto di più ci è mencato nell’ultimo periodo. Tornerà, torneremo, ma vivere senza questo, almeno per me, è stata dura, inevitabile, ma dura.