Di Andrea Pelliccia
Febbraio 1971. La Nazionale Italiana di rugby è impegnata nella Coppa delle Nazioni contro il Marocco. In palio la permanenza nella Prima Divisione: troppo forti le altre due contendenti, Francia e Romania, per immaginare scenari migliori.
In teoria compito non proibitivo per gli Azzurri che hanno anche il vantaggio del fattore campo. Si gioca a Napoli, allo Stadio “Generale Albricci”, lo Stadio Militare dell’Arenaccia. Spalti gremiti, vedere la Nazionale a queste latitudini è un evento più unico che raro, oggi come allora.
Primo tempo equilibrato, 3-3, con una meta per parte. Poi nella ripresa una meta trasformata del Marocco e un calcio piazzato del beneventano (ma napoletano d’adozione) Ambron fissano, a pochi minuti dalla fine, il punteggio sull’8-6 per il Marocco. Per l’Italia la possibilità di portarsi in vantaggio nelle battute conclusive. Palla alla terza centro, il capitano Marco Bollesan, percussione che lo porta a pochi metri dalla linea di meta. Bollesan viene placcato, il pallone è perso. “Marcooooo!”, si sente gridare dagli spalti. A emettere quell’urlo sovrumano è Elio Fusco, storico mediano di mischia della Partenope due volte campione d’Italia e suo compagno di squadra fino al 1969.
Finisce così, 8-6 per il Marocco. La Nazionale Italiana relegata nella Seconda Divisione dalla quale risale solo nel 1974.
Finisce anche il connubio tra Nazionale Italiana e Stadio Albricci. Lo stadio, però, continua a mantenere un ruolo di primo piano nel panorama rugbistico nazionale. Ospita le gare casalinghe del Gruppo Sportivo Esercito, sorta di Accademia ante litteram, con gli atleti che qui hanno la possibilità di allenarsi e giocare un regolare campionato mentre svolgono il servizio di leva. Poi l’attività delle squadre giovanili della Partenope. Anche risvolti sociali, visto che lo stadio si trova in una zona “difficile” (l’Arenaccia, poche centinaia di metri dalla Stazione Centrale) e può catalizzare verso lo sport i ragazzini delle zone circostanti.
Poi nel 2003 tutto finisce. Lo stadio viene dismesso e posto in vendita, ma di acquirenti nemmeno a parlarne. Uno spazio vitale negato alla città. Fatto ancora più grave perché l’Albricci non è solo uno stadio per il rugby ma un vero e proprio centro polivalente con piscina coperta, palestre, velodromo, campi da tennis, campi di calcetto e pista d’atletica.
Nove lunghi anni di attesa e di promesse vane. Con un esito, una volta tanto, felice. Un accordo stipulato tra il CONI e il Ministero della Difesa restituisce questo glorioso impianto alla città e allo sport italiano. Con un progetto in grande stile: ristrutturazione della piscina, realizzazione di una palestra per pugilato e pesistica, installazione di un impianto d’illuminazione per il campo da rugby, rifacimento della pista d’atletica, adeguamento della tribuna. E con la prospettiva di ristrutturare la Club House e rifare il manto del campo da rugby sostituendolo con uno in erba sintetica.
I lavori sono già iniziati. Il rugby, intanto, ha cominciato a riappropriarsi dell’Albricci. Le giovanili della Partenope si alleneranno qui a partire dalla prossima stagione. E poi il prossimo 26 maggio si svolgerà un importante torneo: il VI Palio old rugby delle Repubbliche Marinare, manifestazione che si svolge in concomitanza con l’analogo palio remiero. A organizzare l’evento la Old Napoli Rugby Club (www.oldnapolirugby.it), una ONLUS nata con un duplice scopo: filantropico (coinvolgere e recuperare ragazzi disagiati mediante l’avviamento al rugby come sport che insegna il rispetto delle regole nella legalità) e amatoriale (permettere a persone che hanno giocato a rugby di ritrovarsi su un campo da gioco; organizzare eventi e manifestazioni).
Napoli e l’Albricci: un connubio ritrovato per progetti ambiziosi.